L’Italia continua a rappresentare il maggiore vettore d’incertezza per gli investitori nell’eurozona. Il timore è che la strada intrapresa da Roma possa seguire l’esempio dell’Irlanda, finita a gambe all’aria il 30 novembre scorso, quando chiese ufficialmente un’aiuto finanziario a Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale. A testimoniarlo sono le curve dei Credit default swap (Cds), i derivati che immunizzano dal rischio d’insolvenza.
Mai peggio di così. Secondo l’analisi di Markit, il Cds sull’Italia ha oggi toccato il suo massimo storico a 601 punti base, con un’evoluzione della curva tanto ripida quanto analoga a quella dell’Irlanda. Nell’arco di cinque mesi, da giugno a oggi, il Cds italiano è passato da 177 a 594 punti base, che rappresenta la chiusura di questa giornata. Nello stesso periodo temporale del 2010 il Cds sull’Irlanda è passato da 250 a 497 punti base. La prima volta che l’Irlanda ha superato quota 500 punti base nel mercato dei Cds è stato il primo novembre 2010, mentre questo fenomeno per l’Italia è successo lo scorso 12 settembre. La dinamica della curva non è uguale fra i due Paesi, dato che quella dell’Italia è meno repentina di quella irlandese. Tuttavia, le similitudini non finiscono qui.
Anche Dublino, proprio come accaduto per Roma la scorsa settimana, ha subito un margin call da LCH.Clearnet, la maggiore clearing house mondiale. Finora l’innalzamento dei requisiti di margine sulle negoziazioni dei prodotti italiani è stata leggera (compresa fra il 3,5 e il 5%). Entro pochi giorni potrebbe arrivare il margin call del 15%, come spiegano le regole di LCH. Infatti lo spread fra i Btp decennali e il C96010Y Index, ovvero un basket di titoli di Stato con rating AAA (Francia, Germania, Olanda, Austria) è sempre rimasto sopra quota 450 punti base. Se rimarrà così ancora per due giorni, la chiamata di LCH alle tesorerie delle banche operanti sui titoli italiani sarà inevitabile. E visto che la liquidità scarseggia, meglio chiudere le posizioni.
Gli interventi di sostegno da parte della Banca centrale europea, attraverso il Securities markets programme (Smp), non sono destinati a durare in eterno. Il rendimento dei titoli di Stato italiani continua veleggiare oltre quota 7% per il BTp decennale e non sembra esserci l’inversione di curva sperata. E non è infinito nemmeno l’attendismo del Fondo monetario internazionale, che sa perfettamente quanto può essere pesante l’eventuale insolvenza di un Paese come l’Italia. La missione di Ue e Fmi in Italia avrà il compito di capire quali sono i margini di manovra del nuovo governo di Mario Monti. L’obiettivo non è solo evitare lo scenario greco, ma anche quello irlandese.