Secondo Repubblica di oggi (domenica) il governo Monti si appresta a introdurre una mini-patrimoniale sui beni immobili. Il Corriere -sempre di oggi- nega l’ipotesi in maniera abbastanza recisa. Come diceva Mao (non esattamente nella top ten dei personaggi preferito da Monti) c’è grande confusione sotto il cielo. Non si capisce però per chi la situazione sia macchiavellicamente eccellente.
Pare abbastanza certo che il governo, oltre a reintrodurre l’ICI sulla prima casa, voglia rivalutare le rendite catastali su cui è calcolata l’ICI, ed inserire un qualche meccanismo di progressività, per cui l’ICI (o IMU) media pagata dai contribuenti cresca con il patrimonio (o il reddito) dei contribuenti stessi.
In una fase di crisi, ragionevoli criteri di giustizia sociale suggeriscono di fare pesare un onere proporzionalmente maggiore su chi ha mezzi economici più sostanziosi, soprattutto dal lato del patrimonio. Dal lato dell’efficienza, Luigi Einaudi -che di certo non era un seguace di Mao- sottolineava come, rispetto ad un’imposta sul reddito, un’imposta sul patrimonio che crea quel reddito ha il vantaggio di lasciare un’aliquota nulla sugli incrementi di reddito ottenuti da chi sa gestire il bene patrimoniale stesso meglio della media.
Tanto per spiegarci: si ipotizzi un bene che vale 1000 e produce in media un reddito di 100. Per ottenere un incasso fiscale di 30, si può tassare il patrimonio al 3%, oppure il reddito al 30%. Se si sceglie la prima ipotesi, chi sappia ottenere un reddito di 150 da quello stesso bene pagherà pur sempre 30, quindi la sua aliquota fiscale sugli incrementi di reddito è di zero: un’ottima spinta a fare fruttare le cose. Dall’altro lato, se si tassa il reddito ogni incremento marginale di produttività del bene è tassato al 30%, dunque si hanno minori incentivi a far fruttare il bene stesso.
Perlomeno in politica ed economia fare il processo alle intenzioni è un’attività sensata, che permette di capire meglio quello che succederà. Mi sembra abbastanza evidente che Mario Monti voglia tassare di più il patrimonio immobiliare che quello finanziario. Per gli amanti delle congiure pluto-giudaico-massoniche rinvio direttamente qui. Piuttosto, come anche sosteneva Romano Prodi nelle sue recenti lezioni trasmesse su La7, in Italia si investe troppo in immobili e troppo poco in attività finanziarie, cosa che potrebbe contribuire a spiegare quanto sia asfittico il nostro mercato azionario.
Specialmente sui mercati immobiliari vale il cosiddetto disposition effect, ovvero si tende a non voler realizzare una perdita rispetto al valore a cui si è acquistato un bene, oppure rispetto al valore raggiunto in un momento di picco. È possibile che il nuovo regime di tassazione immobiliare spinga alcuni proprietari a vendere alcuni degli immobili in cui hanno investito. L’aggravio dal lato patrimoniale della tassazione già trova qualche compensazione nella cedolare secca, che dovrebbe essere estesa. Tuttavia, lo spostamento degli investimenti verso le attività finanziarie e il rimescolamento degli asset immobiliari verso proprietari più efficienti dovrebbe essere facilitato da una manovra che riduce i costi di transazione.
Vi sono tanti modi per ottenere questo effetto, ad esempio intervenendo in maniera organica e non-ideologica sulle società di comodo. Una proposta semplice consiste nel diminuire –in maniera possibilmente permanente- l’imposta di registro sulle compravendite immobiliari.