Per avere maggiore coerenza, la politica romana avrebbe dovuto seguire una strada diversa. Le elezioni, naturalmente. Ma la situazione economica, come tutti sanno, ha fatto propendere per una decisione diversa: un governo tecnico formato da professori ed esperti. Diciamo subito che non è entusiasmante. Diciamo anche che di tecnico non c’è nulla, anche solo perché sarà la politica a doverlo generare. E poi diciamo che l’impressione, chiamiamola così, è che qualcuno stesse lavorando già da qualche mese a questa soluzione. Un po’ perché il nome di Monti non è piovuto dal cielo all’improvviso. Un po’ anche guardando la celerità con cui è stato formato l’esecutivo.
Parlando dal punto di vista di un consigliere comunale, vanno dette tre cose. La prima, è che con il nuovo governo possono acuirsi delle separazioni già avvenute a livello nazionale. Come tra PdL e Lega, Pd ed estrema sinistra, o solo interne. Il lavoro, ad esempio, sarà un tema su cui la sinistra si spaccherà di sicuro. Per quanto riguarda la Lega, invece, con Monti deve dire addio al federalismo.
La seconda è questa: occorre sgomberare il campo da alcuni equivoci e dicerie che girano a Milano. Pisapia non è il “Monti milanese”. È ridicolo, e sia chiaro. Sulla base di questa affermazione si è chiesta, anche a Milano, la grande coalizione. O il superamento dei partiti, in cui tutti vogliono diventare arancioni. Majorino ci sta ma già Carmela Rozza dice di no. Lasciamo stare. La differenza, poi, è enorme. Pisapia, che è una zavorra per lo sviluppo della città (nuove tasse, blocco del PGT, politica dirigista), ora dovrà vedersela con una politica nazionale che non è gestita dal centrodestra, e dovranno fare i conti con le loro responsabilità vere.
La terza, è che la stagione di sacrifici che Monti vuole inaugurare fa paura. Specie per una città che ha già visto le tasse crescere e le tariffe aumentare. E che nella politica delle dismissioni (come ad esempio Sea-Serravalle) non dimostra di avere profili chiari e operazioni trasparenti.
Infine, la scossa fa bene al PdL. Silvio Berlusconi, a dispetto di chi ha gioito in piazza con monetine e cori (atteggiamento costruito artificialmente, e incivile), non è finito. È ancora della partita. E poi, ora ci saranno i congressi. Quello locale partirà a cavallo delle vacanze di Natale. O a dicembre o al più tardi a gennaio. Sarà un’occasione per rilanciare una posizione politica politica nuova, e necessaria.