DischauntNel 2012 l’addio al cd: «Ucciso dalle case discografiche»

Compact Disc addio. Presto, anzi prestissimo, la musica farà a meno del più popolare dei suoi supporti, quel piccolo disco di policarbonato del diametro di dodici centimetri che per tre decenni ha ...

Compact Disc addio. Presto, anzi prestissimo, la musica farà a meno del più popolare dei suoi supporti, quel piccolo disco di policarbonato del diametro di dodici centimetri che per tre decenni ha veicolato sotto forma di note le nostre emozioni, i nostri sogni e le speranze. Tra oscuri presagi (l’ultimo, la chiusura dell’azienda varesina IMS, ha scatenato molte polemiche) e profezie di sventura (un articolo di Sideline ne ha drasticamente ridotto l’aspettativa di vita), la morte del cd sembra oggi davvero prossima: dicembre 2012 secondo pessimisti e Maya, poco più tardi per tutti gli altri.

«Non è un mistero che il cd sia arrivato a fine corsa. Ormai, il passaggio al digitale si è compiuto e entro un anno o poco più potremmo dirgli addio» conferma Enzo Gentile, docente di storia del rock e del pop alla Cattolica di Milano e critico musicale per una serie infinita di testate, dal Corriere della Sera a Repubblica, da Panorama all’Europeo, da Vogue a Rolling Stone. Dall’inizio della sua carriera giornalistica, nel 1977, a oggi, deve averne avuti parecchi tra le mani, così come moltissimi sono quelli che possiede: «Ho le pareti di casa foderate di migliaia di dischi», ammette.

Gentile, secondo lei chi ha ucciso il cd?
Le case discografiche, che negli ultimi vent’anni hanno adottato una serie di politiche commerciali sbagliate, agevolando l’ascesa del digitale.

Quali sono stati gli errori?
In primo luogo, l’aver aumentato vertiginosamente i prezzi. Far pagare venti o venticinque euro un cd è una follia, soprattutto quando si può scaricare la stessa musica gratuitamente e col minimo sforzo. In questo senso, i prezzi troppo elevati hanno incoraggiato la pirateria. Poi c’è stato un problema culturale, relativo allo svilimento del prodotto.

Sarebbe?
Con l’inaugurazione di politiche da “cestone dell’Autogrill” il cd si è svalutato, è stato spolpato di ogni senso. Mentre fiorivano compilation e best of, nelle persone si inculcava la concezione del disco come articolo in svendita. Sono scomparsi i testi, gli artwork ricercati, i packaging innovativi, il libretto si è ridotto a quattro pagine. Sono progressivamente scomparse tutte quelle caratteristiche che lo rendevano un oggetto meraviglioso. Sono rimaste soltanto le canzoni, ma si è perso il “contesto”: è un po’ come ammirare un affresco o un quadro e non sapere nulla né dell’autore, né del periodo storico in cui è stato realizzato. Così noi ci siamo abituati ad una fruizione molto più superficiale della musica, privata del suo fascino e della sua poesia.

Cosa ne sarà del cd?
Resterà appannaggio di una nicchia di appassionati. Avete presente i calesse? Sono roba da museo, ma ogni tanto, quando si gira qualche film ambientato nel passato, vengono tirati fuori, spolverati e riutilizzati. Così sarà per il cd. Pochi professionisti, come i dj, continueranno ad usarli. Verrà edito ancora qualche cofanetto, qualche edizione speciale natalizia, ma spariranno dall’uso comune, un po’ come le cassette qualche anno fa.

Qualche mese fa è stato annunciato lo storico sorpasso del mercato digitale su quello fisico: con l’abbandono del cd cambierà anche il concetto stesso di disco?
Sicuramente sì. L’esplosione del digital download porterà alla morte del disco così come lo intendiamo oggi. Cambierà la logica compositiva e produttiva. I grandi artisti come Lady Gaga, Madonna o Springsteen non faranno più un album intero, si limiteranno a pubblicare le 2-3 canzoni trainanti, quelle che per intenderci uscirebbero come singoli. Non ci sarà più necessità di album da 12-14 pezzi. E le persone non avranno più interesse ad ascoltare dischi di un’ora.

Come stanno cambiando i metodi di fruizione della musica?
Ai miei tempi , quando veniva annunciato il nuovo dei Jethro Tull, dei King Crimson o di Dylan, attendevamo con ansia il giorno dell’uscita e, quando finalmente avevamo il disco tra le mani, lo ascoltavamo per giorni e giorni fino a farlo diventare parte della nostra vita. Oggi invece la musica viene consumata e smaltita velocemente, seguendo una logica usa e getta. Non c’è più pazienza, né rispetto della stagionalità musicale. Il mercato cambia e con esso le logiche produttive dell’industria musicale.

Dal rimescolamento epocale in atto in questo momento, le band minori o indipendenti trarranno vantaggio o svantaggio?
In un certo senso saranno avvantaggiate. Prima se il tuo disco non era sugli scaffali voleva dire che non esistevi. Domani, quando gli scaffali non esisteranno più e la partita si giocherà soprattutto online, i dischi delle band più piccole potranno ritagliarsi maggiore visibilità. In questo senso, l’album assumerà sempre di più la funzione di un biglietto da visita, sarà il modo in cui l’artista si presenta e si fa pubblicità. Tour e merchandise, che già oggi sono le maggiori fonti di guadagno per chi fa musica, renderanno i dischi quasi secondari.

C’è anche un altro aspetto interessante nel passaggio cd-digitale. Mentre il cd offre una qualità audio molto elevata, infatti, l’mp3 è un formato compresso che non sempre rende giustizia alla musica che ascoltiamo.
Questo è un aspetto molto interessante. Oggi non solo ascoltiamo musica in qualità peggiore, ma la fruiamo anche attraverso supporti inadatti, come gli auricolari dell’Ipod o le casse del computer. Tutto questo renderà completamente inutili le grandi produzioni e i mastodontici studi di registrazione. Si arriverà al punto in cui i dischi potranno essere incisi e prodotti quasi interamente in casa propria.

E i negozi di dischi che fine faranno?
Spariranno definitivamente. Penso a Milano, dove vivo, e ad una realtà storica come Buscemi Dischi (il più antico negozio della città, ndr). Prima avevano più punti vendita, tanti commessi, si doveva sgomitare tra gli scaffali e per farsi arrivare alcuni album bisognava aspettare anche delle settimane. Oggi invece la situazione è opposta, il negozio è semideserto e ti acchiappano con il retino. Anche nei megastore, dove videogiochi e dvd rubano sempre più spazio alla musica, la tendenza è la stessa. Stiamo assistendo ad un processo di desertificazione simile a quello che avviene nel Sahara, che ogni anno avanza conquistando un territorio grande due volte la Calabria. Lo stesso avviene nell’industria musicale: c’è un inaridimento, un’erosione progressiva.

Ma secondo lei riusciremo a sopravvivere anche senza i cd?
Come già avvenuto in occasione dei grandi stravolgimenti del passato, la musica non morirà, cambierà solo il modo di fruirla. E ve lo dico io che ho le pareti di casa foderate di migliaia di dischi..in fondo, sono convinto che nello scaffale dello scibile umano rimarrà sempre un tassellino dedicato ai nostri tanto amati cd.

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