Negli anni ‘50 l’Italia cresceva a ritmi cinesi, negli anni ‘70 a ritmi tedeschi e negli ultimi vent’anni senza ritmo. Mai come ora è chiaro che occorre correre ai ripari anche perché al crescere del Pil cala il debito pubblico. Ma cosa occorre fare? Ecco allora tre domande che abbiamo inviato a un panel di uomini e donne dell’impresa, delle professioni, docenti universitari e politici. Periodicamente verranno pubblicate le risposte di una delle persone interpellate con nome, cognome e professione del rispondente.
Professor Giulio Sapelli – docente di Economia politica e Storia economica all’Università Statale di Milano.
1) Di provvedimenti per favorire la crescita ce ne sono diversi, ma a suo parere quali dovrebbero essere le prime due cose da fare subito?
Abbassare sino al trenta per cento le tasse sull’impresa e negoziare con il sindacato il carico fiscale sul lavoro dipendente per abbassarlo e consentire un aumento dei salari reali.
2) Che ruolo deve avere in questo senso lo Stato? Deve limitarsi a fornire al mercato le regole di cui ha bisogno per funzionare al meglio o deve intervenire direttamente? Se la risposta è la seconda, in che modo dovrebbe attuare questi interventi e in quali ambiti?
Lo Stato deve essere un efficace Stato mimimo (monopolio della forza e imposte) più welfare sino a quando la welfare society con il risparmio cooperativo non sostituirà la spesa stale. Occorre creare nuove imprese statali gestite da civil servant (unici amministratori) con i finanziamenti che derivano dalla nazionalizzazione dei capitali da rent seeking in primis le fondazioni bancarie.
3) Quali sono i settori su cui l’Italia deve puntare per uscire dalle secche? Perché questi e non altri?
Eccellenza tecnologica di nicchia e delle due ultime grandi companies (Eni e Finmeccanica), educazione umanistica, artigianato e microimprese. Turismo di qualità.