Una firma di tutto riposoAltro che cinepanettone: il trash movie italiano degli anni ’70

Perché un film italiano degli anni ’70 sia un trash movie italiano degli anni ’70 cinque sono le caratteristiche che devono essere senz’altro presenti, come ha brillantemente sintetizzato “the Watc...

Perché un film italiano degli anni ’70 sia un trash movie italiano degli anni ’70 cinque sono le caratteristiche che devono essere senz’altro presenti, come ha brillantemente sintetizzato “the Watcher” su un numero di qualche annetto fa della rivista “Dynamo!”:

1- Un’indispensabile imperizia tecnica del regista (il trash movie è per definizione un film brutto)

2- Una trama la più inconsistente possibile (a volte sembra che i film porno abbiano un intreccio più avvincente)

3- Gli attori devono interpretare se stessi (io guardo un trash movie perché nel cast c’è Bombolo, e poco mi importa che parte abbia nel film: se fa la parte di Robespierre tanto meglio, perché so già che mi beccherò un Robespierre che parla come un caciottaro di Tor Pignattara)

4- Per la grazia di Dio almeno una scena di sesso o di nudo assolutamente gratuita (non c’è nessun rapporto funzionale tra Nadia Cassini che si fa la doccia e la trama del film, anche perché la trama non esiste e la Cassini invece esiste.

5- Il film deve essere infarcito di volgarità altrettanto gratuite (statistiche in proposito sono ancora in elaborazione, ma in prima battuta direi che un trash movie di circa cento minuti non merita questo nome se non contiene come minimo una dozzina tra peti e flatulenze varie, e trecento parolacce per un ragguardevole ritmo di tre al minuto. Al di sotto di questo limite vuol dire che il regista si è montato la testa e si crede Michelangelo Antonioni.

Non si pensi che queste siano condizioni restrittive, per cui pochi titoli rientrino a pieno titolo nella categoria: il vero trash movie è così a buon mercato che il produttore, il regista e l’attore medio non possono non partecipare ad almeno dieci pellicole l’anno, senza essere tacciati di pigrizia o velleità da intellettuali. Siano dunque benedette le economie di scala di questa produzione seriale e siano benedetti nell’ordine i produttori per avere fornito la villa e la moglie per gli interni, i registi per l’onestà di farsi pagare secondo i propri meriti professionali e gli attori soprattutto, sì gli attori, vere leggende viventi e veri stakanovisti. Mi si consenta di presentare qualche dato quantitativo:

Si diceva prima che la trama del trash movie italiano degli anni ’70 non esiste; se proprio il regista vuole una trama, questa sarà leggerissimamente stereotipata, come ci spiega il mitico Renzo Montagnani:

“[…] questi film erano fatti molto frettolosamente, in quattro settimane, alcuni anche in tre. Quindi si lavorava dalle 10 alle 12 ore al giorno. La ricetta era quanto mai banale: io ero sempre un commendatore o un grosso industriale o un possidente, di solito ammogliato, che circuiva la cameriera o la segretaria o l’insegnante del figlio […]”

Eccoci: il topos dell’adulterio totale-globale come elemento fondante di ogni sketch e barzelletta del trash movie. Il trash movie è un film di barzellette ed è rinomato quali siano i luoghi dove si raccontano di solito le barzellette: la scuola e la caserma. Dunque all’interno del nostro beneamato trash movie, che ci era parso un solido monolite kubrickiano immune da segmentazione, intravediamo una spaccatura, e due sotto-generi: il film “didattico” (per esempio “L’insegnante va in collegio”, oppure “La supplente fa l’occhietto al preside”) e il film “militare” (“La soldatessa alle grandi manovre” etc.). In ogni caso, lo schema della bella figliuola che con capezzoli e sedere al vento conturba il barese pelato o il milanese bauscia resta sempre il medesimo, eterno paradigma dell’italiano guardone.

Nel trash movie italiano degli anni ’70 vige una sola legge inossidabile: la famigerata “legge dell’imbuto”, quella per cui ogni discorso tra esseri umani prima percorre una spirale più o meno lunga di argomenti inutili per poi imbucarsi invariabilmente nel sesso. Anzi, il trash movie anni ’70 altro non è se non un macro-imbutone con al centro il culo della Cassini o le tette della Fenech. Simmetricamente 4/5 delle battute e degli equivoci ruotano attorno alle curve delle varie sergentesse e professoresse: ciò che tuttavia rende meraviglioso il trash movie e lo distingue dal più truce film sexy è l’idea amena di non rimanere fissi al centro dell’imbuto, ma di dare spazio al contorno dell’imbuto medesimo, ovvero a quelle gags che del buco sono un po’ metafora.

Ci sono comunque altri due fattori critici di successo per la comicità del trash movie anni ’70: la derisione del potere costituito e l’argomento “escrementizio-scoreggione”.
Se nella sceneggiatura di un ipotetico trash movie è contemplata la presenza di un ricco imprenditore varesotto, di un prelato o di un professore di greco, due sono gli esiti possibili:

1- L’industriale o il prete in questione è protagonista del film → l’interprete è Lino Banfi o Renzo Montagnani → la serietà dell’abate o commendatore di cui sopra tende con il procedere del film a meno infinito

2- Il potente è solo una comparsa → l’interprete è qualche infame caratterista, se non Jimmy il Fenomeno → la serietà del notabile è già a meno infinito e ci resta.

A sbeffeggiare gli insegnanti ci aveva già pensato Federico Fellini con “Amarcord” ed infatti Alvaro Vitali, il futuro Pierino”, era in quel film il maestro di tutte le burle ai malcapitati professori. Ma anche i professori vogliono la loro parte. E come non ricordare allora il professor Morlupo de “L’insegnante va in collegio”?, il professor Morlupo che con piccoli peti ritmati sgambetta fuori dalla classe per sfogarsi al cesso con un esaustivo scoreggione ma –essendo praticamente cieco- invece che al cesso finisce per quattro volte in una gremitissima sala professori…

Effettivamente, di certe trash-battute sostenere che facciano ridere è un po’ una parola grossa: ad esempio Montagnani industrialotto beccato dalla moglie in mutande, alla domanda (retorica) “Ma se non mi hai fatto le corna, allora perché sei in mutande?”, risponde bello sicuro “Ehm…ah sì sono state le tasse! Colpa del governo ladro!”.

In ossequio al principio-trash dell’assenza di trama, mi piace concludere citando altri due sketch, sperando che vi facciano capire perché per i prossimi giorni il trash movie anni ’70 deve essere il nostro film italiano preferito (alla faccia dei cinepanettoni)

1- Lino Banfi ingegnere pugliese sta aspettando un suo collega nipponico e si trova davanti un ingegnere donna (la Fenech) che è giunta in Italia con una strana anfora. Appena la Fenech va in un’altra stanza, Banfi giustamente apre l’anfora e ci trova dentro una polverina bianca che rapidamente identifica come cocaina. Torna la Fenech e lo becca con la testa dentro l’anfora che sta sniffando come un aspirapolvere: “Ma quelle essele ceneli del mio povelo nonno da spalgele sulle Alpi!”

2- C’è Bombolo che sta mangiando un piattazzo di bucatini all’amatriciana, ed ecco che arriva una donna greca mezza discinta: “Anche mio marito morto mangiare tanta pasta e fare tanto amore! Anche tu fare tanto amore?” Bombolo alza la testa, la guarda e fa: “Mavvaffanculo” e in scioltezza si rimette a mangiare.

3- (bonus) Bombolo al telefono: “Pronto Ciampino?… metteteloarc…”

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