Io vivo con quattro maschi, di cui tre ampiamente minorenni, che a loro volta tendono a circondarsi di altri maschi. Naturale quindi che dalle mie parti dire cinema significhi soprattutto parlare di film con gli spari e gli inseguimenti, con i buoni e soprattutto con i cattivi, popolati se possibile di mostri, robot, pirati, eroi e guerrieri. Le donne, quando ci sono (ed è meglio quando non ci sono), rappresentano una seccatura, perché di solito introducono il tema dell’amore che suscita per lo più brontolii e risatine nervose.
Ecco perché ogni tanto mi viene tanta, ma tanta voglia di vedere un bel filmone romantico, con storie di passioni tormentate che mi sconquassino la pancia, da guardare con la scatola di kleenex a portata di mano, perché piangere a dirotto (per vicende altrui) ha a volte una funzione tanto liberatoria e rasserenante come poco altro nella vita.
Oggi era un giorno così e mi sono messa alla ricerca di un bel filmone di questo tipo, un dramma psico sentimentale che mi ricaricasse per le prossime settimane a base di super eroi o di detective senza paura.
Solo che al momento non ce n’è nemmeno uno nelle sale milanesi, e allora ho dovuto ripiegare su questa commediola sentimentale francese che per lo meno parla di amore. Ancora meglio: dell’amore tra due timidi patologici e imbranati (e qui scatta sicuro l’identificazione) che svengono o sudano a litrate di fronte a qualsiasi emozione sia più forte di uno sbadiglio. Confidavo in quella impagabile ironia pungente e frizzante che hanno le commedie francesi quando sono belle e ben riuscite e che ti fanno venire voglia di innamorarti un giorno sì e l’altro pure, come se niente fosse altrettanto divertente e dolce.
Senza contare che la storia si sviluppa intorno alla passione comune dei due iper emotivi protagonisti: il cioccolato. Passione che condivido senza riserve e che mi ricorda un indimenticabile eroe romantico di un’altra commedia sentimentale, lo zingaro Johnny Depp in Chocolat, che credo abbia popolato i sogni di ogni essere femminile dagli 8 agli 80 anni abbia avuto la ventura di vedere quel film.
Ecco, di personaggi che tolgano il fiato come il Depp nei suoi anni migliori qui non se ne vede l’ombra, anzi.
La storia è carina, ma niente di più. Semmai qualcosa di meno, visto che cade facilmente in un romanticismo lezioso che vuole fare troppa simpatia. Perché va bene non farmi piangere, ma essere sospinta a ridacchiare ogni cinque minuti è un tantino stucchevole.
Per non parlare degli intermezzi cantati, pochi per fortuna, che o sono sublimi (e non è questo il caso) o mi provocano sempre un’irritazione indomabile, ma questo forse è un problema mio.
Si salvano i due attori principali (Benoît Poelvoorde e Isabelle Carré), bravi a restare sobri nonostante tutto l’ambaradàn civettuolo in cui sono immersi. Insomma, si è visto di molto meglio arrivare da Oltralpe (Un po’ per caso, un po’ per desiderio, tanto per dirne uno. Delizioso!).
Con Emotivi Anonimi ti passi un’oretta e mezza con un sorrisetto via via sempre più annoiato sulla faccia, che forse era meglio se me ne andavo a vedere Sherlock Holmes, e al diavolo le mie fregole da femminuccia.
29 Dicembre 2011
Marta che guardaEmotivi anonimi, di Jean-Pierre Améris
Io vivo con quattro maschi, di cui tre ampiamente minorenni, che a loro volta tendono a circondarsi di altri maschi. Naturale quindi che dalle mie parti dire cinema significhi soprattutto parlare d...
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