Le dimensioni raggiunte dalla disoccupazione giovanile e l’inadeguatezza di un sistema che penalizza i giovani sono sotto gli occhi di tutti e rappresentano una grave preoccupazione per lo sviluppo del nostro Paese.
Parte del problema è costituito dal fatto che non si riconosce più l’importanza del lavoro manuale e che sia il sistema scolastico che le famiglie inducono i ragazzi a considerare negativamente i “mestieri”, di cui invece c’è grande bisogno in Italia.
In questo contesto la possibilità di apprendere lavorando può risultare una grande opportunità di cambiamento al quale può contribuire anche l’utilizzo di strumenti contrattuali idonei. Nasce da qui la mia riflessione sull’istituto dell’apprendistato che deve porsi come punto di integrazione tra la scuola e il lavoro, contribuendo a favorire la rivalutazione e l’apprendimento del lavoro manuale. L’apprendistato infatti deve essere inteso da un lato come un contratto di inserimento, meno rigido e meno costoso di altre forme contrattuali e da applicarsi nella prima fase della vita lavorativa e dall’altro come uno strumento in grado di sviluppare la formazione che la scuola nonè in grado di fornire.