In una metropoli europea come Milano, la decisione del sindaco Giuliano Pisapia di allargare il fondo anticrisi di 6 milioni alle coppie di fatto, omosessuali e non, non dovrebbe fare notizia. Figuriamoci raccogliere critiche.
Ma siamo in Italia. E la firma della delibera che permetterà, anche, alle coppie gay di ricevere gli aiuti previsti per i cittadini in difficoltà per l’acquisto o l’affitto di una casa, è stata accolta dalle polemiche dell’opposizione e dai titoloni di alcuni quotidiani.
Polemiche che per molti restano su un piano politico. O social-domenicale. Il gay è un discorso da pranzo della domenica nella famiglia italiana, da affrontare quando si arriva al dolce, rigorosamente prima del caffè.
Si parla di coppie omosessuali come ci si confronta sulla chiusura del centro cittadino alle auto con targhe pari nei giorni dispari. Spesso appena finito di fare la voce grossa sull’esenzione dall’ora di religione del figlio minore.
E ognuno ha un’opinione. Che diritti dare a questi cittadini senza volto? Il menù è vario. Matrimonio con figli, senza, contratti di amore, strade recintate in cui incontrare i simili della loro specie.
I gay sono strani, non pericolosi, ma particolari. Le lesbiche, forse, non esistono, inutile darsi pensieri ulteriori in tempo di crisi, concludono le famiglie italiane.
Ma il calcolo è presto fatto. E se l’Italia ha una popolazione stimata di 61 milioni, sei tondi tondi sono gay. Questo se si crede a uno degli assunti chiave del “DNA omosessuale”.
Uno su 10 ce l’ha.
Sicuri di essere esenti dal contagio? Basta pensare alla fila del McDonald (2), alla classe di un liceo, (Milano forse? 3), al tram su cui viaggiamo ogni mattina (4), da Zara il sabato pomeriggio (10).
O alla vostra famiglia (X).