Il tempo delle celebrazioni è ormai scaduto. Per il prossimo grande anniversario bisognerà aspettare almeno altri cinquant’anni e chissà quanti di noi riusciranno a festeggiare.
Con i tempi che corrono il dubbio è legittimo. Di certo, molto dipenderà da come fin da subito prepareremo il prossimo appuntamento epocale. Sì perché, in verità, solo a noi, agli italiani di oggi e di domani, compete il tema della crescita di questo paese, proprio ora che sta attraversando uno dei momenti più drammatici della sua storia. Per far questo bisogna sapersi criticare, prendendo in un certo senso le distanze dal nocciolo del problema. Un passo a lato dei fatti e del loro svolgersi, un punto di vista separato per poterli osservare più da vicino anche nel dettaglio più sfuggente, ma senza farsi distrarre, travolgere. Mettere meglio a fuoco chi siamo, cosa siamo stati e cosa stiamo diventando significa guardare con un’attenzione vigile e imparziale i luoghi e i contesti delle nostre azioni; analizzarli con dovizia e rigore; interpretarne i risultati empirici senza forzature ideologiche tentando di presagire, a prescindere da certe illusioni troppo consolatorie, il mondo che ci si apre davanti.
È quello che ha cercato di fare la mostra, L’Italia e gli Italiani nell’obiettivo dei fotografi Magnum, in corso a Torino fino al 26 febbraio, l’ultimo “grande evento” dedicato al 150° anniversario dell’unità nazionale.
Non si poteva scegliere sede più appropriata di Palazzo Reale, quintessenza delle istituzioni storico-culturali della città, per raccontare questa Italia di oggi e quella di domani, viste però all’interno di un lungo processo storico senza soluzione di continuità. Ecco credo che proprio grazie a questa felice convergenza di prospettive temporali e, perché no, anche intellettuali, ben documentate nell’allestimento espositivo, la kermesse torinese ha saputo distinguersi significativamente dall’operazione didattico-retrospettiva, genere assai diffuso nella stragrande maggioranza delle offerte culturali del 2011.
Questa mostra non ha voluto rilanciare l’ennesima riscoperta delle radici identitarie comuni, o l’ennesima consacrazione dell’insigne lezione civile del passato eroico, ma, coraggiosamente, alla luce della situazione odierna, ha voluto esprimere la necessità di investire nel futuro.
Niente revival nostalgici di epoche gloriose e nemmeno i tanto amati stereotipi del Grand Tour di ottocentesca memoria, ma solo ed esclusivamente puntuali incursioni nel territorio abitato, escursioni nei luoghi dell’attualità, del lavoro, della vita privata, dello svago e fra le nuove forme aggregate di socialità. Nove grandi fotografi hanno riletto e ripensato attraverso le formule, i linguaggi, gli stili più efficaci del reportage contemporaneo, il nostro “paese reale”, prestando però una particolare attenzione a noi, i “cittadini reali”, allo scopo di capirne attitudini, progetti, idee, comportamenti e istanze di cambiamento. Con circa 400 scatti sono stati in grado, a mio avviso, di porre le fondamenta “documentarie”, con una qualità irreprensibile, garantita dall’alto profilo etico e professionale dell’agenzia Magnum, da cui potrà sollevarsi (speriamo al più presto) una grande inchiesta sullo stato di salute generale del nostro tempo. Su una forte tensione dialettica fra “Italia” e “Italiani” si è snodato l’intero percorso tematico dell’esposizione. L’antico intrecciato con il contemporaneo in una reciproca convivenza; la tradizione che si misura con l’innovazione tecnologica, le strutture urbanistiche del Novecento a confronto con le nuove domande di aggregazione e di interscambio multietnico, in un susseguirsi serrato di coerenze e incongruenze, accelerazioni e ritardi, armonie e dissonanze. E proprio quando il conflitto visualizzato ha innescato le polemiche più aspre e le contraddizioni più cocenti, la verifica fotografica si è fatta più risoluta ed implacabile esigendo risposte ineludibili, soluzioni finalmente valide.
Mai nessuno degli autori ha concesso spazio alla contemplazione di romantici paesaggi italiani, tanto favoleggiati, ma, del resto, oggi impossibili anche soltanto da immaginare, per concentrarsi su quegli anonimi personaggi italiani che, anche quando restano nell’ombra, spalmano i loro tratti peculiari sui milioni di volti che ovunque affollano la nostra penisola. Tanto nella vita virtuale delle immagini tanto nella vita vera di ogni giorno, essi dovranno trovare il modo di raccontare quest’Italia a chi verrà dopo di loro. Compito ingrato da cui nessuno può sentirsi escluso, nessuno esonerato, nemmeno purtroppo le generazioni più giovani, ormai già pronte (da tempo) a calcare le scene. È proprio a loro, infatti, che spetta il ruolo più difficile.