Una panchina, un libroLa famiglia è tutto, ovunque

Rohinton Mistry, Questioni di famiglia, Mondadori, 2003 Il titolo originale, Family Matters,  non a caso ha un doppio significato. “Questioni di famiglia” ma anche “La famiglia è importante”. E in...

Rohinton Mistry, Questioni di famiglia, Mondadori, 2003

Il titolo originale, Family Matters, non a caso ha un doppio significato. “Questioni di famiglia” ma anche “La famiglia è importante”. E in questo romanzo, la famiglia è tutto. Non conoscevo prima d’ora lo scrittore indiano Rohinton Mistry, trapiantato in Canada. Ma, avendo letto alcuni dei più noti scrittori indiani contemporanei (Aravind Adiga, Arundhati Roy, Salman Rushdie ecc), pensavo che l’India e Bombay, dove Questioni di famiglia è ambientato, sarebbero state le vere protagoniste. Invece sono stata catapultata in una comedie humaine che potrebbe svolgersi ovunque, in India come a Milano. Perché ovunque ci sono famiglie come questa. Famiglie in preda alla volatilità di sentimenti contrastanti: l’amore materno, le ambizioni dei padri, l’insofferenza dei figli, la repulsione della vecchiaia, e poi la rabbia, la gelosia, l’invidia…

Anni Novanta: Nariman Vakeel è un anziano professore di letteratura inglese. In pensione, vive in un grande appartamento di sua proprietà con Coomy e Jal, figli di primo letto della moglie ormai scomparsa da anni. Afflitto da ipertensione, osteoporosi e Parkinson è “ un dizionario medico ambulante” come impietosamente lo definisce la figliastra Coomy. Ma Nariman conserva lucidità mentale, ironia e voglia di vivere, almeno fino a quando la malattia non avrà la meglio sulla sua capacità di osservare il mondo e di cogliere, esattamente come lo scrittore, i minimi cambiamenti nell’umore e nella personalità di chi gli sta intorno.

Un giorno Nariman cade e si rompe una caviglia . L’invalidità che ne consegue, per quanto temporanea, va a aggiungersi ai problemi di salute accumulati. Coomy e Jal decidono di liberarsi del patrigno imponendolo alla figlia Roxana, che, con il marito Yezad e i due figli adolescenti, vive in un piccolissimo appartamento. La presenza dell’anziano in uno spazio ristretto, e le sue esigenze, più che giustificate, ma comunque pesanti, sconquassano la famiglia di Roxana, sia sul piano emotivo che su quello finanziario. Tanto più che la diabolica Coomy escogita un impensabile stratagemma per evitare il ritorno del padre nella casa avita.

La trama di Questioni di famiglia è tutta qui e si regge essenzialmente sulla capacità di Mistry di registrare i mutamenti nella psicologia dei personaggi, nei quali convivono opposti sentimenti. Per Mistry non esistono persone “buone” e “cattive”. Messi alle strette, i familiari di Nariman reagiscono a volte con grandi trasporti di generosità, a volte con crudeltà e rabbia. Oppure , a fin di bene, sono indotti a deviare dagli stessi principi morali in cui credono, infilandosi in trappole infernali, da cui non possono uscire se non con le ossa rotte.

La famiglia è protagonista, ma l’India resta comunque sullo sfondo. E spesso la narrazione è pervasa da un senso di malinconia e di nostalgia per un passato più semplice e puro che la corruzione, l’affollamento e l’inefficienza dell’India contemporanea contribuiscono a idealizzare. E’ la nostalgia dell’esule, ma anche quella della diaspora: come i suoi personaggi, Mistry appartiene a una particolare comunità indiana, i parsi, fedeli a Zarathustra, in via di estinzione in un paese che, fortunatamente, si sta aprendo ai matrimoni misti. L’atteggiamento di Mistry rispetto alla sua religione rispecchia l’equanimità di fondo dello scrittore: da una parte, Mistry ricorda con nostalgia i rituali di questa fede antica e il benessere interiore che può derivare dal rispetto dei suoi codici, dall’altra, condanna l’insensatezza di credenze e superstizioni parsi, che, come il divieto ai matrimoni misti, sono fonte di grande infelicità.

Giustamente un recensore ha fatto rilevare come il passato britannico influenzi ancora fortemente la narrativa indiana anglosassone, che si ricollega “a una tradizione del XIX secolo che non è mai stata soppiantata (come è successo in quasi ogni altro paese di lingua inglese)” . Lo stile di Mistry è impeccabilmente classico: si presta quindi a una lettura paziente, in grado di assaporare le descrizioni particolareggiate di luoghi, profumi, sapori, sensazioni e sentimenti. Una lettura disponibile a cogliere e apprezzare il dettaglio e la sfumatura, come disponibile e compassionevole è l’atteggiamento dello scrittore nei confronti dell’umanità che ci descrive.

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