Punto e a CapoNo alle trivelle in Adriatico

                           Il Governo Monti ha pensato anche alle trivelle come volano per far ripartire gli ingranaggi dell’economia: sembra, infatti, che nelle sue intenzioni ci fosse anche la li...

Il Governo Monti ha pensato anche alle trivelle come volano per far ripartire gli ingranaggi dell’economia: sembra, infatti, che nelle sue intenzioni ci fosse anche la liberalizzazione della ricerca di petrolio e gas sul territorio nazionale, ma, in extremis, sono stati cancellati gli articoli peggiorativi dalla bozza.

In realtà, come denuncia Angelo Bonelli, presidente nazionale del partito ecologista, la norma sulle trivellazioni libere non è affatto scomparsa dal decreto sulle liberalizzazioni, e, ci sarebbe un trucco che consente di fare trivellazioni petrolifere anche in 17 aree di straordinario pregio ambientale e che devono essere ancora inserite nel decreto che contiene l’elenco delle Aree protette, perché fanno parte dell’Elenco delle Aree Marine di prossima istituzione.

E, il Paese è ormai un groviera, come dimostra il dossier del Wwf titolato “Milioni di regali: Italia, far west delle trivelle” e pubblicato in esclusiva dal settimanale L’Espresso: ventuno pagine dove si illustrano i dettagli di questa vicenda, sconcertante per la sproporzione tra danno collettivo e interesse privato. In particolare, il Wwf afferma che in media, annualmente, vengono riversate solo nei nostri mari dalle 100 alle 150 mila tonnellate di greggio, esclusi gli incidenti, con valori pari a 38 mg/m2 di quantità di catrame presente in mare aperto.

Si teme, quindi, per le sorti dei grandi vertebrati come i delfini e i cetacei che potrebbero essere seriamente minacciati dal forte impatto inquinante dell’attività antropica, con danni sugli esseri viventi di carattere teratogeno, mutageno e cancerogeno

Per tutti questi motivi, si terrà oggi a Monopoli, in Puglia, la manifestazione promossa dal “Comitato No petrolio, Sì energie rinnovabili” contro le trivellazioni nel Mar Adriatico, e il crescente avvelenamento del Mediterraneo.

L’iniziativa, a cui hanno aderito oltre la Regione Puglia, il Wwf e diversi enti e associazioni locali, si oppone al piano di “prospezioni geosismiche”, una tecnica di indagine del sottosuolo, che solamente nel Mar Adriatico dovrebbero essere effettuate per una lunghezza pari a 3.898 Km e per una superficie complessiva di 30.296 km2, equivalente al 23% dell’intero bacino.

In realtà, tutti gli esperti, italiani e non, concordano che in Italia c’è poco petrolio, e, di scarsa qualità, che, però, si trova molto spesso in aree urbanizzate o in tratti di mare davanti a coste con meraviglie culturali e ambientali.
Dunque, è lecito chiedersi, perché tanta insistenza nell’impiantare pozzi e piattaforme nelle nostre regioni?
Perché questa fame di perforazioni, è condivisa da società straniere ma anche dall’italianissima Eni?
Semplice, perché la legislazione di casa nostra è scandalosa ovvero favorisce al massimo le ditte estrattrici, mortificando invece le aree invase da pozzi e piattaforme.
Nel decreto legislativo 625, del novembre 1996, si illustrano le esenzioni tributarie per chi in Italia estrae gas e petrolio: nello specifico, “niente è dovuto sotto forma di royalty” da coloro che per ogni concessione estraggono dalla terraferma “entro 20 mila tonnellate di olio greggio e 25 milioni di metri cubi di gas (erano 20 fino al 2010)”, mentre sul fronte mare non ci sono tasse per chi resta “entro 50 mila tonnellate di olio greggio e 80 milioni di gas (erano 50 fino al 2010)”.
In parole povere, sul territorio italiano, si pagano royalties dalle cinque alle sette volte più basse del normale.

Quindi, il governo conta, in questo modo, di incassare più soldi in royalties e tasse.

E, ritiene pure che questo ci farebbe fare bella figura con le agenzie di rating: Standard & Poor’s, a settembre, ha alzato la sua valutazione su Israele dopo il via libera ai trivellamenti off shore.

Infine, si potrebbe considerare il tutto anche come una sorta di partita di giro con le grandi compagnie petrolifere: da un lato il decreto liberalizzazioni le costringe alla vendita di almeno il 30% per cento dei loro distributori (e ipotizza per l’Eni il futuro scorporo di Snam Rete Gas), dall’altro gli concede in regalo il territorio italiano.

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