La riforma del lavoro, si è detto, la faranno anche per Noi.
Noi che, ventenni di oggi, presto saremo proiettati sul mercato di un lavoro precario e fin troppo flessibile.
Allora, se e quando, riusciremo ad entrarci e trovare il nostro posto nella società, come nel sistema, avremo modo di prendere coscienza di un vuoto politico e normativo abissale.
Esclusa la retorica che non dovrebbe appartenere alla nostra generazione, condivido, seppur in parte, la sostanza della lettera di 19 giovani studenti, apparsa sulle colonne del Corriere e de Linkiesta.
Quello che vogliamo o meglio vorremmo – perchè con questa Politica ben poco lungimirante non si possono avanzare pretese, ma subirne remissivi incapacità e impreparazione – non solo che le nostre esigenze e quelle di chi verrà vengano ascoltate e su di esse plasmata in parte la normazione di domani, ma che soprattutto investano sulle nostre capacità e sul nostro potenziale.
Tutto questo ha un prezzo. Uno sconto, che vorremmo evitare. Non vogliamo che la riforma del mercato del lavoro si costruisca sulle macerie dei diritti dei nostri padri e dei nostri nonni.
Che significa tutelare meno chi lo è già, per tutelare tutti? Ancora contrapposizioni, gli uni contro gli altri? I padri contro i figli?
Siamo tutti sulla stessa barca, che già oscilla. Sommersi o salvati.
Non vogliamo, perché non ci appartiene, ancora subire lo scontro ideologico e radicalizzato di una generazione che non è la nostra.
Vorremmo che la classe dirigente, per cui siamo peso e fastidio pesando relativamente a fini elettorali, impostasse ogni politica di sviluppo su di un principio già affermatosi nei Paesi più avanzati: quello della Responsabilità intergenerazionale.
Il rilancio dell’Italia passa dall’investimento nelle nostre capacità e nel potenziamento degli istituti di formazione. Siamo Noi la risorsa di domani, ma senza Scuole e Università adeguate, aperte e dinamiche come quelle straniere, non avremo le gambe per andare da nessuna parte.
Si parla di Merito, Meritocrazia. Spesso, per riempirsi la bocca. Mai per informarne la vita professionale e quotidiana. Ma qual è l’unità di misura del merito?
Non ci illudiamo affatto che il governo Monti possa, con la breve scadenza imposta, rivoluzionare il paese. Deve avviare un cambiamento culturale, che Noi dobbiamo favorire e diffondere.
A Vent’anni, e chissà per quanto ancora, siamo inermi e afoni. L’unica occasione perché la Politica possa considerare e prendere a cuore le nostre sorti, le sorti dei loro figli, deve coglierla la Politica stessa.
Senza investimento nelle nostre capacità, non c’è futuro. L’Italia non avrà altro futuro.
Non ci siamo illusi neanche un attimo che il governo tecnico sarebbe riuscito a porre rimedio a decenni di incapacità politica e vuoto normativo.
Se ci troviamo in queste condizioni, la colpa è di una classe dirigente rispondente solo a logiche elettorali e mai cosciente del disastro che avrebbe creato, che ora noi dovremo affrontare e porre rimedio.
Le colpe dei padri peseranno sulle nostre spalle. Solo sulle nostre.
Non solo è necessario affrontare il nodo della quantità, ma soprattutto della qualità dell’impiego.
Facciano presto gli stimati tecnici, ma non solo con il mercato del Lavoro. La accompagnino, perché non sia inefficace, con la riforma della burocrazia, dell’intero sistema assistenziale, del fisco, delle infrastrutture. Puntino sulla Scuola e sulla Ricerca.
Solo il Sapere, quello che ci ha reso grandi in passato, permetterà di risollevare il Nostro Futuro.