Solo il 43% degli italiani sa cosa siano le foibe. E appena il 22% conosce il significato dell‘Esodo giuliano-dalmata. Oggi ricorre il decimo Giorno del Ricordo, ma i dati del sondaggio compiuto dalla Società Ferrari Nasi & Associati e commissionato da Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia sono sconfortanti.
Il Giorno del Ricordo è dedicato alla memoria delle vittime delle foibe e dell’Esodo di circa 350.000 italiani d’Istria, di Fiume e della Dalmazia. Alla fine della Seconda guerra mondiale, mentre il resto dell’Italia veniva liberata, Trieste e l’Istria furono teatro di un eccidio ad opera dell’esercito comunista jugoslavo comandato dal maresciallo Josip Broz, detto Tito.
Un gruppo di Finanzieri viene portato verso una Foiba (fonte: Lega Nazionale)
Nelle foibe (profonde cavità carsiche) e nei campi di concentramento titini, morirono più di 10.000 persone. Le prime stragi avvennero all’indomani dell’8 settembre del 1943, quando nella Venezia Giulia si scatenò l’offensiva dei partigiani comunisti contro nazisti, fascisti e anticomunisti. Ma da subito i nemici divennero tutti gli italiani, colpiti indiscriminatamente in quello che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha definito
un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo (…) che assunse i sinistri contorni di una “pulizia etnica”.
Lo scopo era quello di costringere gli italiani a fuggire dalle province istriane e dalmate.
Le milizie jugoslave arrivarono a Trieste il 1 maggio del 1945. Fu l’inizio di quelli che vengono ricordati come “i quaranta giorni del terrore”.
Un gruppo di titini a Trieste (fonte: Lega Nazionale)
Il memorandum stilato dal Dipartimento di Stato Usa l’8 maggio del 1945 non lascia dubbi su cosa stesse accadendo in città:
A Trieste gli Jugoslavi stanno usando tutte le note tattiche di terrore. Ogni italiano di una qualche importanza viene arrestato. Gli Jugoslavi hanno assunto un controllo completo e stanno attuando la coscrizione degli italiani per il lavoro forzato, rilevando le banche e altre proprietà di valore e requisendo cereali e altre vettovaglie in grande quantità.
Monsignor Santin, all’epoca Vescovo di Trieste e Capodistria, descrisse così l’atmosfera che si respirava a Trieste:
Vivissimo era l’allarme e lo spavento invadeva tutti… In città dominava la violenza contro tutto ciò che era italiano. Tutti i giorni dimostrazioni di Sloveni convogliati in città, bandiere jugoslave e rosse imposte alle finestre. Centinaia e centinaia d’inermi cittadini, Guardie di Finanza e Funzionari civili, prelevati solo perché italiani, furono precipitati nelle foibe di Basovizza e Opicina. Legati con filo spinato, venivano collocati sull’orlo della foiba e poi uccisi con scariche di mitragliatrice e precipitati nel fondo.
Resti ritrovati nelle foibe (fonte: Lega Nazionale)
La tragedia di queste terre fu resa ancor più insopportabile per la sistematica rimozione di quant’è avvenuto da parte delle istituzioni italiane e in particolare dal Pci.
Solo nel 2004 venne istituito il Giorno del Ricordo. Il 10 febbraio è una data simbolica che si riferisce al 1947, anno in cui a Parigi venne firmato il trattato di pace con cui le province di Pola, Fiume, Zara, e parte delle zone di Gorizia e Trieste, passarono definitivamente alla Jugoslavia di Tito.