Bei tempi quelli in cui esisteva la privacy.
Era bella la nostra vita prima di essere invasa dalla tecnologia e dal consumismo.
Oggi, invece, sembra lontanissimo il tempo in cui la vita privata esisteva davvero ed era uno spazio intimo e protetto, solo nostro. Un rifugio ovattato dove far entrare solo chi volevamo. Quando volevamo.
Questo accadeva prima che cellulari e computer ci possedessero, lasciandoci l’ipocrita illusione che fossimo noi a possedere loro.
Da domani,primo marzo, scatteranno le nuove norme sulla privacy di Google. Ma cosa cambierà realmente? Ogni qualvolta si cliccherà su Gmail, YouTube, Google Maps o sul motore di ricerca, tutte le informazioni finiranno in un unico contenitore che permetterà di creare un profilo personalizzato per ogni singolo utente.
L’azienda californiana ha dichiarato che, in realtà, si tratta solo di una semplificazione del sistema, orientato a personalizzare le proprie ricerche. Ma la spiegazione non ha convinto né l’Unione Europea, né i giudici di trentasei Stati americani.
A nulla è servita la loro richiesta congiunta di posticipare la data del cambiamento, per poter così avere più tempo per verificare i meccanismi di salvaguardia della privacy di milioni di cybernauti.
Google, a quell’istanza, ha risposto picche e -a partire da domani- diverrà concreto il rischio che i nostri gusti e preferenze finiscano nella memoria di una sorta di Grande Fratello occulto, su cui avremo poco (o nessun) controllo.
Non che le cose adesso funzionino diversamente.
Credere di vivere in un mondo in cui gli unici padroni siamo noi, è pura utopia.
Le nostre carte di credito raccontano tutto di noi: cosa compriamo, cosa mangiamo, cosa ci piace.
Il telepass rivela dove andiamo: le città che visitiamo, quanto tempo ci restiamo. Ovunque ci troviamo, poi, telecamere disseminate dappertutto mostrano dove camminiamo e chi ci accompagna.
Per non parlare degli sms e delle mail– personali e non- che inviamo ogni giorno e di cui rimangono tracce indelebili che, un giorno, potrebbero servire a creare una pubblicità ancor più personalizzata.
Il fatto è che oggigiorno i dati dei consumatori fanno gola un po’ a tutti. Figuriamoci a un’azienda come Google, quotata in Borsa per duecento miliardi di dollari. A nulla valgono, quindi, le sue rassicurazioni sul fatto che le informazioni non verranno vendute ad altre aziende e, chi lo vorrà, potrà escludere alcune opzioni per tutelarsi di più.
La nuda verità è che non abbiamo scampo.
Volenti o nolenti siamo diventati una generazione tecnologica e anche chi, a parole, afferma di poter vivere benissimo senza tecnologia, incorre in un attacco di panico non appena scopre di non avere campo sul cellulare.
Sì, era bella la privacy. Quella vera, quella che adesso non c’è più.
Ma non serve a nulla rimpiangerla.
E’ la tecnologia, bellezza.