L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sullo spreco.
Se volessimo aggiornare l’articolo 1 della Costituzione, probabilmente diventerebbe così.
A dimostrarlo, sono le relazioni stilate dai Procuratori regionali della Corte dei Conti, in cui si delinea il quadro di un’Italia sciupona e inefficiente.
Il nostro Bel Paese, diviso quasi su tutto, nella gestione disinvolta del denaro pubblico sembra essere, al contrario, più unito che mai.
Da Nord a Sud. Isole comprese.
L’allarme era stato lanciato dal presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, che, pochi giorni fa, aveva affermato che la corruzione in Italia, vent’anni dopo Mani pulite, è più presente di prima. Anzi, malaffare e illecita percezione dei contributi pubblici, dilagano.
Basti pensare alle risorse bruciate in opere pubbliche iniziate e mai finite. Oppure, al denaro sperperato per pagare professori universitari che non insegnano e consulenti che non consigliano.
Gli esempi sono tantissimi: ce n’è per tutti i gusti.
Si comincia da Roma, dove i lavori per la terza linea della metropolitana sono tuttora in corso. E pensare che, nelle intenzioni, avrebbe già dovuto trasportare i pellegrini del Giubileo del Duemila. Da allora sono passati dodici anni e tre miliardi 379 milioni.
E’ rimasto un’ipotesi anche l’ospedale “Nostra Signora del Buon Consiglio”, che il Ministero degli Esteri italiano avrebbe dovuto costruire a Tirana, in Albania. ‘Avrebbe dovuto’, perché, dopo aver speso dieci milioni di euro, il progetto è stato revocato per l’impossibilità di portarlo a termine.
Per non parlare della Lombardia, palcoscenico involontario del teatro dell’assurdo, in cui, amministrazioni che vantano crediti per sei milioni di euro, si dimenticano però di incassarli.
In Friuli, invece, la bora pare spazzare via i finanziamenti pubblici che cadono a pioggia, ma poi sembrano disperdersi chissà dove.
Mentre in Calabria, ad aprire voragini, non sono solo le alluvioni ma anche la Sanità, dilaniata da un buco di trecento milioni di euro.
Così come accade in Abruzzo dove, a provocare crepe, non sarebbe solo il terremoto ma anche i fondi post-sisma, inesorabilmente inghiottiti dalla burocrazia.
Spostandosi in Sicilia, si scopre che gli scialaquamenti sono innumerevoli. Il più eclatante riguarda il presidente della provincia di Palermo che vanta -si fa per dire -uno staff da un milione di euro.
E, amaris in fundo, a Santa Maria Capua Vetere, la Corte dei Conti s’interroga addirittura sui motivi per cui il Comune abbia speso una fortuna (245 mila euro) solo per gestire le lampade votive al cimitero.
L’elenco prosegue, ma continuare a farci del male sarebbe un inutile spreco.
Di masochismo.