Se la Padania esiste perché esiste il grana padano, non si capisce proprio in base a quali criteri si possa invece definire una storia padana. Il Piemonte se ne è stato per i fatti suoi per secoli, guardando più alla Francia che all’Italia. Se c’era qualcuno che avrebbe potuto unificare il Nord Italia era Venezia. Ma quando stava per conquistare Milano, si è formata la Lega di Cambrai per impedirle di farlo. Papato, Francia, Spagna, Austria si alleano tra loro per fermare la Serenissima. Sconfiggono i veneziani il 14 maggio 1509, ad Agnadello, ora in provincia di Cremona. Se così non fosse stato, ora sulla guglia più alta del duomo ci sarebbe il leone di San Marco e non la Madunina. Altra conseguenza è che gli Asburgo calano da nord e si pappano Rovereto e tutta quella parte del Trentino che rimarrà loro fino al 1918 e che chiameranno Welschtirol, o Tirolo italiano, dove la parola Welsch proprio un complimento non è.
Milano e Venezia rimangono per secoli separate e in termini niente affatto amichevoli, pur con fasi altalenanti. Milano è il capoluogo di una provincia spagnola, Venezia una grande capitale di uno stato che italiano solo a metà: l’altra parte della Serenissima si estende sui Balcani e in Grecia, luoghi che appaiono difficili da assimilare alla Padania.
Quando cade la Serenissma (12 maggio 1797) il solco si approfondisce. Il vicerè d’Italia, Eugène de Beauhrnais, il principe Eugenio, preferisce Milano a Venezia. «La gara tra Milano e Venezia [per la scelta della capitale del Regno d’Italia] sembra dichiarata. Milano è una provinciaccia che ha sempre ubbidito, Venezia è una capitale in cui il dominio è originario», scrive nel 1806 la contessa vicentina Ottavia Negri Velo. Anche gli austriaci preferiranno la “provinciaccia” per il loro Lombardo-Veneto: sono stati per secoli nemici di Venezia, mentre Milano apparteneva al ramo spagnolo della medesima casa regnante, gli Asburgo. Quando Eugenio mette in piedi Brera si piglia un bel po’ di quadri da Venezia e li sposta a Milano. Mentre le ruberie di opere d’arte finite in Francia e Austria sono state restituite a Venezia dopo il Congresso di Vienna e dopo le varie guerre contro l’Austria (mica tutte: le “Nozze di Cana” se ne stanno ancora al Louvre, viste da nessuno perché l’opera del Veronese è dirimpettaia della Gioconda), poiché non c’è mai stata una guerra tra Venezia e Milano, i quadri portati a Brera se ne stanno ancora lì.
Tra Ottocento e Novecento, mentre la Lombardia diventa una regione industrializzata e ricca, il Veneto è dilaniato da una devastante povertà, tanto che i veneti (assieme ai friulani) emigrano a frotte. “Terroni del nord”, li chiamano a Milano e così vengono ancor oggi talvolta considerati. Provate a chiedere a un laureato della Bocconi se vuol andare a fare il manager in un’azienda del mitico Nordest. E vogliamo parlare di Trieste che prospera quando decade Venezia, perché gli austriaci spostano le attrezzature portuali dall’ex Serenissima alla loro Fedelissima?
Insomma, di che stiamo parlando? La storia del nord Italia è una storia di guerre e di lotte. La vulgata padana è disposta ad accettare che lombardi e veneti siano stati per secoli nemici e per molti versi ancor oggi sono fieri avversari?