Non in questo momento, non in queste condizioni. Così il Premier Monti ha ufficializzato il diniego del governo alla candidatura della Capitale alle olimpiadi del 2020. Tra le città in lizza per ospitare i giochi, Roma non ci sarà. Una scelta di buon senso, perfettamente coerente con la missione di risanamento e il piano di austerità varato dall’esecutivo tecnico.
Ha prevalso la considerazione e l’analisi prospettica che l’Italia, men che meno Roma, non possa impegnarsi nell’organizzazione di un progetto economico di tale importanza e gravità, con costi non chiari e precisi.La conclusione del governo, che non giunge inaspettata, solleva quanti ritenessero che non fosse il momento giusto, né ci fossero le condizioni adatte per un investimento di siffatte proporzioni. Delude, certamente, chi pensava che i giochi olimpici potessero dare slancio all’economia nazionale, sia considerando l’indotto che avrebbe interessato l’intera città, sia rappresentando una scommessa sul futuro. Una slancio di ottimismo, un’iniezione di fiducia.
La realtà, nostro malgrado, è un’altra e purtroppo ben più dura. Affrontare un progetto economico e organizzativo del genere è un’impresa ardua e pericolosa, sicuramente una voragine di denaro, come hanno sperimentato la Grecia, ieri, e l’Inghilterra, oggi.Nel 2004 Atene ha firmato la sua condanna a morte, dando i vita ai giochi, che sul suo suolo sono nati. E’ stato, dato l’improponibile costo, il primo passo verso la certezza del default.La Gran Bretagna, ove quest’estate si svolgerà l’edizione 2012, ha visto raddoppiare la previsione di spesa. Una spesa preventivata di 10 miliardi di euro, oggi, l’Italia, non se la può permettere. Né dal punto di vista economico, né dal punto di vista morale. Sarebbe ingiusto nei confronti dei cittadini, che stanno contribuendo, con immensi sacrifici, a risanare il terzo debito più alto del mondo. Cittadini che stanno vivendo la crisi, nella fase più acuta, sulla loro pelle e sulle loro spalle.Ha ben ricordato Monti che alle famiglie sono già stati chiesti i sacrifici dovuti.
Chiedere ancora sarebbe stato troppo. Un impegno finanziario gravoso e gravante per anni, oggi, che non v’è certezza di quello che potrà succedere, sarebbe stato avventato e suicida.Avrebbe significato tasse e tagli. Per gli italiani e per i cittadini romani.E proprio loro sarebbero stati i più colpiti.Non solo avrebbero dovuto patire l’aumento delle tasse, necessarie in parte per finanziarie i giochi, ma soprattutto, nel breve e medio termine, avrebbero avuto solo disagi.Gli inconvenienti di una città che diventa cantiere a cielo aperto, dove si alterano circolazione, viabilità, abitudini. Si era stimato che una linea metro sarebbe dovuta essere soppressa e potenziata la circolazione in superficie.
A Roma è pensabile un aggravio del genere? Dopo la pessima figura fatta dall’amministrazione capitolina per 30 cm di neve, è pensabile organizzare i giochi olimpici? In una città dove non ci sono i soldi – o non si spendono- per garantire l’efficienza dei servizi primari, la cittadinanza avrebbe gradito interi quartieri a soqquadro?
E poi, il problema più spinoso: gli appalti pubblici.
Nel 2009, in occasione dei mondiali di nuoto, la Capitale, come se non bastasse, ha preso coscienza del giro di affari e di interessi che ruotano intorno alle costruzioni e all’organizzazione di eventi sportivi. Non solo fu un flop, ma divenne famoso per le indagini giudiziarie sulla “cricca” e per i clamorosi ritardi nella realizzazione delle opere, mal costruite e presto sequestrate. Allora, si evitò una figuraccia internazionale solo utilizzando gli impianti del Foro Italico costruiti niente meno che per le Olimpiadi del 1960. Cinquantanni prima. La cittadella che invece doveva ospitare l’evento deve essere ancora completata. Mancano ancora, villaggio olimpico, velodromo e altre strutture. Un intervento che grava sulle casse del Comune per 500 milioni di euro. Figuriamoci un’intera olimpiade.La Roma bene, dei salotti buoni e della politica che conta, si è spesa molto per l’evento. Dietro e dentro il comitato promotore, l’alta finanza, la Roma palazzinara dei Caltagirone, industriali e notabili, uomini dalle mille relazioni e affari come Malagò e Gianni Letta.Non sorprenda che molti di questi siano o siano stati vicini al precedente governo.
Ma adesso c’è Monti e forse più spazio per il buonsenso.