Che un terremoto non si possa prevedere è cosa risaputa, lo abbiamo sentito ripetere più e più volte nei mesi scorsi. E sappiamo anche che uno sciame sismico non annuncia necessariamente una scossa più forte. Né la scongiura.
Ciò su cui non esiste un consenso è quale sia il modo migliore di gestire la comunicazione alle popolazioni che vivono in zone ad alto rischio e che possono vivere l’esperienza di sciami sismici più o meno intensi. Sappiamo anche che questo è il nodo centrale attorno al quale si dibatte nelle aule del tribunale di L’Aquila in queste settimane il processo contro i sette membri della Commissione Grandi Rischi. Ai sette accusati, sei ricercatori e sismologi in forze all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), incluso l’allora presidente Enzo Boschi, e l’ex vice capo della Protezione Civile De Bernardinis, è stato recentemente aggiunto come imputato anche l’ex capo del Dipartimento di Protezione Civile nazionale, Guido Bertolaso, che è stato interrogato dai giudici il 15 febbraio scorso.
Decisione, quella dei giudici, molto discussa, anche su questa testata da un articolo di Matteo Marini e da una opinione di Paolo Manasse, per diversi aspetti controversi contenuti nel testo della richiesta di rinvio a giudizio del PM, come bene illustra Nicola Nosengo in una serie di articoli per la rivista britannica Nature e per Scienza in rete.
Tuttavia, come giustamente sottolinea Nosengo, molti dei resoconti giornalistici su questa vicenda sono perlomeno poco accurati in quanto parlano di una accusa di omicidio colposo per «mancato allarme», mentre, a leggere correttamente il testo della richiesta del PM accolto dai giudici, questa definizione non viene mai utilizzata. Tanto che l’accusa di omicidio colposo è riferita solo a 32 delle 309 vittime. Specificamente quelle che, secondo i parenti sopravvissuti, hanno deciso di rimanere nelle proprie case proprio perché tranquillizzate dalle dichiarazioni della Commissione, con un esplicito riferimento fatto da De Bernardinis al fatto che una sequenza sismica rappresenti una situazione favorevole grazie a «uno scarico di energia continuo». Per amor di precisione, va detto che l’intervista di De Bernardinis è stata registrata subito prima della riunione della Commissione, il 31 marzo 2009. Subito dopo la riunione, invece, è stata fatta una conferenza stampa, alla quale però non hanno partecipato gli scienziati esperti, come ha sempre sottolineato l’ex presidente INGV Enzo Boschi, difendendo l’operato e la correttezza del suo ente.
Durante il suo interrogatorio, Guido Bertolaso ha ribadito invece, come riferiscono il sito AbruzzoWeb e l’articolo «New twists in italian seismology trial» di Nosengo su Nature (ma nessuna delle principali testate italiane), che sarebbe stato proprio l’INGV a fornire al DPC le informazioni secondo cui in sostanza «lo sciame sismico è un segnale favorevole» aggiungendo «l’ho appreso dall’Ingv ma non mi sembra un’affermazione stupefacente. Non è che mi ero messo a fare ricerche sismiche in campo autonomo è un’affermazione che avrò fatto decine di volte e non c’è stato mai uno scienziato degno di tale nome italiano o straniero che mi abbia contestato».
Probabilmente in risposta alle affermazioni di Bertolaso, ecco che ieri, lunedì 20 febbraio, esce un comunicato stampa dell’INGV che ribadisce la posizione ufficiale dell’ente, pur mantenendo un linguaggio asettico e senza mai citare l’ex capo del DPC. Apparentemente e dichiaratamente «senza alcuna relazione con il dibattimento in corso», infatti, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, per voce del suo presidente Domenico Giardini, precisa che «la tesi del rilascio di energia sismica é stata proposta in passato per situazioni particolari (…) ma non rappresenta lo stato delle conoscenze scientifiche per aree di normale sismicità quale l’Abruzzo.»
Nel comunicato vengono anche reiterate le tre comunicazioni ufficiali tra INGV e Dipartimento della Protezione Civile, facendo esplicito riferimento alla famosa riunione del 31 marzo 2009, a seguito della quale furono fatte le famose rassicurazioni alla popolazione.
L’INGV dunque mantiene una linea chiara e ribadisce la correttezza delle proprie comunicazioni ufficiali alla Protezione Civile e quindi l’assenza di elementi che potessero essere utilizzati per rassicurare la popolazione. Senza dirlo, dice anche che la scelta di una certa linea comunicativa, tesa alla rassicurazione, non è stata presa in concerto tra DPC e INGV. Anche se poi il comunicato, diplomaticamente e amichevolmente, ci tiene a sottolineare l’ottimo rapporto di collaborazione tra i due enti.
Sappiamo che i membri della Commissione Grandi Rischi non potevano fare direttamente comunicazione al pubblico e avevano solo un ruolo di consulenza nei confronti della DPC. Eppure, da cittadina, al di là di questi scambi in punta di fioretto, mi chiedo: una volta che le rassicurazioni sono state fatte, anche a mezzo stampa, e sono uscite e circolate ampiamente, non sarebbe stato più responsabile, o perlomeno più civilmente apprezzabile, che gli scienziati coinvolti e presenti in quella situazione perlomeno smentissero queste rassicurazioni, ribadendone l’infondatezza?
In questo caso, forse, la disobbedienza civile alle pratiche stabilite si sarebbe dimostrata una scelta di buon senso e di rispetto nei confronti del diritto di tutti noi ad essere informati in modo corretto e trasparente. (elisabetta tola)