All’inizio degli anni ‘60, le donne giapponesi sposate con uomini nordcoreani furono incoraggiate dal proprio governo ad andare a vivere in Corea del Nord, per instaurare una presenza nel paese e migliorare le relazioni fra i due stati. Quando il regime politico totalitario di Pyongyang cominciò a delinearsi, il progetto fu presto abolito, a seguito anche dei tragici racconti che le emigrate giapponesi riferirono ai connazionali sulla sconsiderata dittatura che Kim Il-Sung stava mettendo in atto. Le forze segrete nordcoreane cominciarono allora a rapire i giapponesi e, secondo Tokyo, sono state almeno venti le persone portate contro la loro volontà in Corea del Nord. SI pensa che questi individui, come le mogli “invitate” a trasferirsi negli anni ’60, siano stati impiegati per insegnare la lingua giapponese alle spie del regime di Pyongyang, anche se non si esclude che possano essere stati uccisi per rubarne l’identità. Ora il governo giapponese, che in passato è stato accusato di essersi disinteressato a questa vicenda, ha in programma un incontro in Mongolia con un ambasciatore nordcoreano per discutere il rimpatrio dei sequestrati. A questi ultimi è stato vietato negli anni ogni contatto con la famiglia e anche qualsiasi possibilità di ritorno in patria. Il governo nordcoreano, che ha comunque ammesso di aver rapito tredici persone giapponesi, ha smentito la possibilità di questo incontro. Il caso più eclatante riguarda quello di Megumi Yokota, rapita nel 1977 quando aveva soli tredici anni. Secondo Pyongyang la donna avrebbe poi sposato un nordcoreano e in seguito si sarebbe suicidata. Il governo giapponese non crede a questa versione e pensa che la donna sia ancora viva. L’associazione NARKN (National Association for the Rescue of Japanese Kidnapped in North Korea) che lotta per la liberazione dei sequestrati, sostiene invece che siano almeno cento i giapponesi rapiti dal governo ora presieduto da Kim Jong-Un dopo la morte del padre Kim Jong-Il, e che nel corso degli anni anche cittadini rumeni, tailandesI e secondo le loro stime non verificate, tre italiani, siano stati portati di forza in Corea del Nord.
Sakie Yokota con una foto della figlia Megumi, rapita dal governo della Corea del Nord