In Messico il Papa non ha incontrato le vittime del prete pedofilo Marciel Macial. A Roma, pochi giorni prima, il vescovo di Aci Reale non ha partecipato alla conferenza stampa alla quale un giovane uomo di 35 anni ha denunciato gli abusi sessuali subiti venti anni prima dal suo parroco. Qualche mese prima all’associazione anti-pedofili Caramella buona non è stato confermato l’invito a partecipare a un bel convegno sugli abusi sessuali del clero che si è svolto alla Pontificia università Gregoriana.
I tre casi sono ben distinti. In ognuno di essi, poi, non sono mancate spiegazioni per tanta prudenza da parte dei rappresentanti della Chiesa. Padre Maciel, innanzitutto. Tossicomane, padre di tre figli avuti illegittimamente da due donne diverse, il fondatore dei Legionari di Cristo abusò sessualmente di diversi seminaristi, nonché – è l’accusa delle vittime – dei suoi due figli maschi. Ora, proprio mentre il papa si trova in Messico, è stato pubblicato da Random House International un nuovo libro-inchiesta sul fondatore dei Legionari di Cristo intitolato La voluntad de no saber (La volontà di non sapere). I tre autori – l’ex prete Alberto Athié, l’ex legionario José Barba e il biografo di Maciel Fernando M. Gonzalez – rivelano documenti riservati da cui emergerebbe che in Vaticano molti monsignori e cardinali sapevano da molti decenni. Critiche anche a Ratzinger, che pure, rispetto a Wojtyla, già da cardinale ha perseguito Maciel, e poi, una volta eletto al soglio di Pietro, ha ridotto il sacerdote messicano al silenzio (ma non – è l’accusa – alla scomunica, tramite regolare processo canonico). Il viaggio in Messico avrebbe potuto essere l’occasione, per Benedetto XVI, di incontrare le vittime di Maciel, così come ha già coraggiosamente incontrato vittime di preti pedofili nei suoi viaggi negli Stati Uniti, Australia, Regno Unito, Malta, Germania. Ma così non è stato. “I vescovi non hanno chiesto l’incontro”, ha spiegato il portavoce vaticano, Federico Lombardi, dando a intendere che tra i presuli messicani più di uno aveva buoni rapporti con Maciel. Ad ogni modo, peccato. Sarebbe stato un bel gesto.
Così come sarebbe stato un segno di coraggio e di sensibilità – non certo un atto dovuto – che il vescovo di Aci Reale, mons. Antonino Raspanti, fosse presente alla conferenza stampa che l’associazione Caramella buona ha organizzato la scorsa settimana alla sede della stampa estera di Roma. In quella sede Teodoro Pulvirenti, oggi ricercatore negli Stati Uniti, ha fatto un racconto dettagliato e scioccante degli abusi sessuali compiuti quando aveva 14 anni da un prete amico di famiglia. Sia chiaro, l’attuale vescovo di Aci Reale non ha alcuna responsabilità penale, anzi, è stato lui a sollevare dall’incarico il sacerdote, non più di un mese fa, appena la notizia è apparsa sul magazine siciliano S. Ma alla conferenza stampa non è venuto. Peccato. La stessa Caramella buona non era stata accreditata al convegno che si è svolto a febbraio alla Pontificia università Gregoriana. Un’iniziativa coraggiosa ed epocale di cui ho parlato anche in questo blog. Ma la scorsa settimana la Caramella buona ha rivelato un dettaglio. Gli organizzatori di quel bel convegno avevano inizialmente invitato l’associazione. Poi, dopo una telefonata dal Vaticano, l’accredito è stato depennato. Se così stanno le cose, peccato. Perché la Chiesa, con Ratzinger, ha già fatto moltissimi passi avanti sul contrasto e la prevenzione della pedofilia nel clero. Un percorso coraggioso di trasparenza e purificazione è iniziato. Le resistenze sono molte, la battaglia difficile, la prudenza comprensibile. Ma la Chiesa può essere profetica. E di fronte a un bambino che è stato violentato da un prete, c’è solo una scelta da fare: se stare con la vittima o no. Tutto il resto è un’occasione persa.