Potere delle icone. Il papa va a Cuba, viene accolto da un capo dello Stato che si chiama Raul Castro, e tutti gli occhi sono puntati sull’altro Castro, Fidel. Ovvio, per un verso. Quella barba, quel sigaro, quella voce tonante sono più di un pezzo di storia, sono un mito – odiato o amato, ma pur sempre mito. Uno dice “il papa va a Cuba”, e tutti ricordano, ovviamente, Fidel che stringe la mano a Wojtyla nel 1998. Evento epocale di due protagonisti del Novecento, nonché due grandi attori, che dettero l’impressione, a chi vi assistette, che lì, in quel momento si faceva la storia. Il lìder dell’eresia comunista in terra americana, entrato in un cono d’ombra con la dissoluzione della guerra fredda, trovava un alleato insperato nel capo di quella Chiesa cattolica che, perseguitata per decenni, ora poteva uscire rafforzata dall’indebolimento del castrismo. E, dopo il comunismo sovietico, accompagnare in cantina anche quello caraibico. Il grande Pontefice, trionfante sebbene vicino al declino, speculare al grande rivoluzionario, ferito dalla storia ma ancora gagliardo. E dunque, Fidel. Già morto un paio di volte su twitter, è più vivo che mai sui giornali di tutto il mondo. Come sta? Il papa lo incontrerà? Che dirà? Si convertirà? Se dovessi scommettere, è lungi dall’idea di convertirsi al cattolicesimo, ma incontrerà comunque Benedetto XVI, magari l’ultimo giorno, per non fare ombra al fratello. Ad ogni modo – confesso – la cosa non riesce ad appassionarmi. Perché mi sembra che, a forza di concentrarsi su Fidel, si perda di vista che a Cuba ci sono altre due icone. Sì, Raul Castro e Joseph Ratzinger, a loro modo, sono icone. Icone del loro tempo complesso e chiaro-scuro. E, anche in questo caso, speculari. Il presidente cubano (81 anni) gestisce una transizione ineludibile del modello cubano, apre gradualmente alla libera impresa e alla libertà religiosa, prepara il dopo-Castro. Papa Ratzinger (84 anni) guida una Chiesa insidiata dal secolarismo, segnata dalle persecuzioni dei cristiani in varie parti del mondo, contestata da fronde cattoliche in diversi paesi europei, ma soprattutto minata da scandali che – dalla pedofilia alle lotte di potere in Vaticano – esplodono al suo interno. Nessuno dei due – a differenza di Wojtyla e Fidel – ha più un nemico esterno facilmente identificabile, che ingaggia battaglie stremanti ma compatta le fila. Il comunismo reale è svanito, gli Stati Uniti non sono più così potenti e il capitalismo è entrato in crisi profonda. Tutti e due, Joseph e Raul, affrontano la fragilità di due ortodossie che apparivano solide solo pochi anni fa e oggi sembrano mutanti, friabili. Sfida complessa, immateriale, sfuggente, ma immensa, epocale. Con tutto il rispetto, altro che Fidel.
22 Marzo 2012