Oggi il Corriere della Sera scrive aprendo la sua corrispondenza da Mosca:
“La vittoria di Putin con il 63,3% dei voti ha suscitato parecchi sospetti. Non perchè si pensi che il premier russo non sia stato scelto dalla maggioranza degli elettori come prossimo presidente, ma perchè questa percentuale pare eccessiva, consistentemente più alta di quella attribuitagli dagli exit poll e dai sondaggi condotti prima del voto”.
Una balla più grossa non si poteva sparare. Anche su Linkiesta abbiamo scritto di come i numeri indicavano già alla viglia Putin. Nettamente. E se tra tutti gli istituti proprio il Levada Center, finanziato dal Congresso americano via Ned, dava lo Zar al 66% vuol dire che qualcuno al Corriere deve aver fatto male i conti. Basta andare a controllare su Wikipedia, dove si trova pure una bella tabellina con tutti i sondaggi.
In questi giorni concitati si nota in particolar modo quanto siano lenti i giornali rispetto a internet. Repubblica mette questa mattina in prima pagina l’arresto di Navalny & Co. ieri a Mosca, nel frattempo gli irriducibili sono già fuori e liberi di indire la prossima manifestazione per sabato prossimo. Il giornale informava di:
“un’operazione silenziosa e decisa, coordinata via radio con agenti in tenuta spaziale, caschi integrali, parastinchi, giubbotto antiproiettile. Tutti collegati tra loro con vistosi auricolari neri. Più di mille persone spariscono nel nulla… Il reato è già pronto: disobbedienza alle forze dell’ordine. Può tenerti in carcere anche per due settimane”.
Sinceramente nemmeno al di fuori della Russia si vedono agenti antisommossa presentarsi in costume da bagno e comunicare tra loro con piccioni viaggiatori. Le lenti distorte con cui si guarda alla Russia non facilitano a capire, anzi. Se poi si inventano anche i numeri é peggio. Il sospetto è che si voglia cavalcare il fenomeno antiputiniano ingigantendolo a dismisura.
Le cifre aiutano a capire. Checchè se ne dica, il fronte della protesta è esiguo e frammentato. 15 mila persone che scendono in piazza all’indomani di quelli che vengono dipinti come i più grandi brogli della storia (altra balla, vedere le elezioni del 1996) in una città di 15 milioni sono lo 0,1%, sull’intero Paese di 150 milioni lo 0,01% (cifre arrotondate all’ingrosso, ne me ne si voglia, ma così si capisce meglio). Nella stessa capitale, dove Putin avrebbe preso circa il 50% e l’oligarca Mikhail Prokhorov il 20%, la percentuale dei moderati che scende in piazza a protestare è molto limitata (da dicembre i numeri della protesta si sono assottigliati e i toni alzati: i mainstream media vanno a nozze con le Pussy Riot, Femen et similia, ma spiegano poco o nulla).
Ieri sera L’infedele ha incoronato Alexei Navalny martire dell’opposizione per essere stato fermato l’ennesima volta e aver dato del ladro a Putin. Ora, a partire dal fatto che del Vor a Vladimir di questi tempi lo danno tutti, dai palchi, dalle piazze per non dire via web, forse mancava nel ritratto che si è dato del buon Alexei il fatto che è un po’ un nazistello populista, espulso dal partito liberale Yabloko per le sue tendenze eufemisticamente nazionaliste, visto che va a braccetto con gli estremisti della destra radicale xenofoba.
Così funziona il giornalismo “a tesi” di casa nostra. Volontà e capacità di analisi che rasenta lo zero. E non solo per quel riguarda la Russia.