Oggi il Sole 24 Ore, in un rassicurante articolo, rivela un aspetto agghiacciante della vicenda del contratto swap tra il Tesoro italiano e Morgan Stanley. Ecco cosa avrebbe dovuto chiedere il Sole 24 Ore e cosa dovrebbero sapere i contribuenti.
La notizia, rilanciata dal blog di Fabrizio Goria, è della chiusura di un contratto swap tra Tesoro e Morgan Stanley, con una perdita per il Tesoro di 3.4 miliardi di dollari, ripresa da un articolo su Bloomberg. C’è da concordare con il tono del pezzo di Fabrizio. L’utilizzo dei contratti derivati può consentire una gestione sana del bilancio, se questi sono impiegati con cognizione di causa, e non c’è da sollevare polverone. E’ come un medicinale che altera il metabolismo, in questo caso il metabolismo del debito. Resta la curiosità, per un medico come il sottoscritto, di conoscere qualcosa di più sul trattamento riservato in questo caso al paziente, cioè al contribuente. Nello specifico, la domanda che ci siamo immediatamente fatti è: perché il Ministero dell’Economia ha acconsentito alla chiusura? Perché in un momento di lacrime e sangue si è scelto di chiudere il contratto e pagare più di 2 miliardi e mezzo di euro? Perché chi conosce i contratti swap sa bene che sono contratti Over-the-Counter, e quindi bilaterali, e possono essere risolti solo con il consenso delle parti, a meno che non ci sia una clausola di estinzione anticipata.
Per questo, “cado dalle nubi” quando leggo sul Sole 24 Ore che c’era proprio una clausola di estinzione anticipata, e questa clausola era a favore della banca (non sappiamo se “anche” o “solo” a favore della banca). Comunque il Ministero ha detto che non ci sono altri casi del genere in circolazione, e che non lo farà più. “Lo hanno precisato ieri al Sole 24 Ore fonti del Ministero dell’Economia”, ci rassicura il giornale specializzato italiano. Insomma, quisquiglie, pinzellacchere. E invece si tratta di un fatto grave.
Ecco quindi l’informazione che il Ministero dell’Economia dovrebbe rilasciare ai contribuenti italiani (e noi che di mestiere ci occupiamo di prodotti come questi nelle università italiane potremmo certificarla o smentirla)
• Il contratto, stipulato nel 1994, con il termsheet allegato, avevail fine di: i) coprire il rischio di tasso; ii) coprire il tasso di cambio; iii) allungare le scadenze dei pagamenti di interesse; iv) vendere assicurazione a Morgan Stanley per fare cassa. Il valore del contratto all’origine era di XX miliardi di dollari. Nel caso il contratto fosse di copertura, l’errore di copertura alla fine è stato di Y miliardi a favore (sfavore) del Tesoro.
• Il contratto stipulato nel 1994 includeva: i) una clausola di estinzione a favore di entrambi i contraenti; ii) una clausola di estinzione a favore della banca. Inoltre: la clausola di estinzione era: i) europea, su quale data; ii) bermuda, su quali date. Infine, il valore di questa clausola ha portato YY miliardi a favore dei contribuenti italiani.
Sarebbe oltremodo importante, in un momento in cui si fa un gran parlare di “commissioni implicite” incassate dalle banche a carico dei contribuenti, e se ne parla dove meno se ne capisce, cioè nelle aule di giustizia, che il Ministero mostrasse di non averne pagate, o non averne pagate in abbondanza. La cosa è ancora più importante se si considera che il Ministero cova da quattro anni una normativa diretta a regolare i contratti derivati tra banche e enti pubblici nel rispetto di questi principi. Da esperto devo dire che sono pessimista. Se le clausole di estinzione fossero state di tipo “bermuda” (cioè esercitabili ad esempio a ogni data di pagamento, come è tipico che siano), si tratterebbe del problema di valutazione più complicato che esista in finanza matematica (swaption bermuda!). In questo caso, davvero tra i “quant” di Morgan Stanley e i tecnici del Tesoro non ci sarebbe stata partita. Comunque, il Tesoro ci dica che allora ha fatto del suo meglio, e ci dica chi ha preso quella decisione. Noi saremo comprensivi, e al massimo gli diremo: “Tesoro, non lo fare più”.