CongiunturaNiente firewall UE? Il contagio si prenderà Italia e Spagna

La sensazione è che sul tavolo non ci sia alcun dossier. Dallo scorso venerdì sembra tutto deciso per il firewall dell'eurozona, cioè quel super fondo di protezione dal contagio della crisi verso I...

La sensazione è che sul tavolo non ci sia alcun dossier. Dallo scorso venerdì sembra tutto deciso per il firewall dell’eurozona, cioè quel super fondo di protezione dal contagio della crisi verso Italia e Spagna. Ma le reticenze della Germania rischiano di far deragliare per l’ennesima volta il progetto di un meccanismo di immunizazione dalle sofferenze dell’euro.

Nonostante i proclami, qualcosa non torna. Sono mesi che il processo di formazione del firewall europeo è fermo. I passi in avanti sono solo sulla carta e se in prima battuta sembrava che il Fondo monetario internazionale dovesse intervenire attivamente, ora non c’è più questa certezza. L’istituzione guidata da Christine Lagarde sa infatti che l’Europa deve prima dimostrare di farcela da sola. Se dal Fmi continuano a ripetere che non è un problema di soldi, ma di volontà. In altre parole, o si superano le divisioni nell’eurozona o non ci sarà un sostegno al firewall da parte di Washington.

Il prossimo passo sarà quello di fine settimana. In via informale i leader europei si incontreranno a Copenhagen per discutere l’incremento del fondo. Come anticipato da diverse settimane, sul piatto c’è un uso combinato dello European financial stability facility (Efsf) e dello European stability mechanism (Esm) per un potenziale di 940 miliardi di euro. Di questi, circa 250 sono già stati utilizzati per i bailout di Grecia, Irlanda e Portogallo. Rimangono 700 miliardi di euro per evitare il peggio. Basteranno?

La Germania, dopo diverse aperture, sembra decisa a rifiutare l’idea di un aumento della dotazione e della flessibilità del firewall. La Commissione europea, invece, vorrebbe uno strumento più ampio, più versatile e più potente. Il problema non sono i soldi. Abbiamo visto come la Banca centrale europea può mettere in campo misure straordinarie, come i due round di Ltro per complessivi 1.030 miliardi di euro. La questione è solo politica. Il prossimo anno il cancelliere tedesco Angela Merkel cercherà il rinnovo del mandato e non può permettersi di andare alle urne con sulle spalle il peso di un altro esborso finanziario da parte di Berlino.

Intanto, Spagna e Italia perdono tempo. La prima con il consolidamento fiscale. Dopo una vittoria praticamente scontata, il premier Mariano Rajoy si è trovato una finanza pubblica da ristrutturare, retaggio del precedente esecutivo di José Luis Rodríguez Zapatero. E come se non bastasse, il sistema bancario, impegnato in una complicata riforma, non ha ancora scontato la bolla immobiliare iberica.

L’Italia, di contro, ha messo in campo due progetti interessanti: riforma delle pensioni e riforma del lavoro. Se la prima è finora l’unico elemento positivo visto da novembre a oggi, la seconda rischia di incrinare i già precari rapporti fra il presidente del Consiglio Mario Monti e la classe politica. E proprio di questa bisognerebbe aver ben più paura che dello spread. In autunno, salvo sorprese, inizierà la campagna elettorale e le prospettive non sono solo negative, sono nefaste. Se Madrid ha una direzione politica, Roma no. Proprio su questo punto si rischia il collasso. O adesso o nel 2013.

In questo calderone di attese, prima fiduciose poi deluse, c’è una costante. Nel clima di incertezza, gli investitori preferiscono la sicurezza. Preferiscono mettersi in portafoglio bond tedeschi a un tasso negativo, oppure priviliegiano investimenti nelle economie emergenti, piuttosto che in quelle bollite. E non stupiamoci quindi se il roadshow asiatico di Monti, iniziato oggi, si concluderà con tante strette di mano, diversi sorrisi ma pochi soldi in tasca. Se fossimo nei passi degli asiatici, faremmo lo stesso. Sia per colpa dell’Italia, sia per colpa della Germania, sia per colpa dell’Europa.

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