Sonar: segnali di mobilità in-sostenibileDall’airone al gabbiano Toto riprova a prendere il volo

Sapete bene che dopo la mia esperienza Roma-Parigi-Roma con Eleonora sono abbastanza sensibile al tema del trasporto aereo (costi, accessibilità) soprattutto se riguarda un vettore nazionale che ma...

Sapete bene che dopo la mia esperienza Roma-Parigi-Roma con Eleonora sono abbastanza sensibile al tema del trasporto aereo (costi, accessibilità) soprattutto se riguarda un vettore nazionale che magari ha qualche relazione con la nostra amata Compagnia di Bandiera che tutti noi abbiamo contribuito a salvare. Tuttavia devo dire che la notizia mi era sfuggita. (S)fortuna ha voluto che un articolo (un po’ marchettaro di cui vi allego il cartaceo perché misteriosamente online non si trova) sulla Stampa di ieri 10 aprile mi abbia risvegliato dal torpore pasquale. Perché i fatti legati al tema e ai nomi sono troppo recenti per non essere notati.

La notizia è che Riccardo Toto, figlio di Carlo l’ex boss di AirOne, si è comprato a dicembre Livingston, compagnia aerea giusto fallita. Di fatto la famiglia Toto torna a volare (anche se non era mai scesa dalla cabina: Carlo ha pur sempre il 5% di Alitalia in tasca). L’articolo elogia tra le righe di come Toto Jr. abbia acquisito il suo vettore per “1 euro”, lasciando intendere che qui mica siamo fessi. Indica di come abbia investito 26 milioni di euro, di cui “10 di tasca sua” (sic). Ci ricorda che per lui il volo è nel DNA avendo dedicato “metà della sua vita professionale” al trasporto aereo (tenete conto che ha 32 anni). Una intervista più o meno sullo stesso tono (decisionista, imprenditorial-fico) l’ho recuperata da Il Giornale on line del 5 aprile: si vede che l’ufficio stampa si è mosso a tappeto per tempo in vista dell’imminente stagione estiva che Livingston al momento afferma di coprire con 4 (quattro) aerei Airbus 320, con un programma molto ambizioso di estensione della flotta (forse sono ancora gli Airbus ordinati a suo tempo da AirOne).

Ma la cosa che attrae non poco è il business model “innovativo”: “…il cliente finale potrà acquistare una serie di servizi su internet o in agenzia: dalla scelta del posto al bagaglio a domicilio, dall’autista per l’aeroporto al tutor per il check in. Avremo sedili in pelle e schermi di 8 pollici per tutti, negozio virtuale in aereo e tramite una lotteria istantanea assegneremo i posti invenduti in prima classe (le classi sono due, ndr)”. Accidenti che novità. Se presentassi io questo come “business model” per farmi finanziare la differenza tra 10 e 26 milioni di euro mi darebbero in gestione il chiosco ambulante dei Ramazzotti del terzo anello dello stadio Meazza. Per dire, in altre parole, come mi ricorda sempre un mio amico usando un eufemismo, che ”sono nato non-ricco”. E a quanto mi pare anche non-Toto.

A me sarebbe tanto piaciuto leggere una innovazione vera in questo mercato del tipo “…e le persone disabili viaggeranno al 50% della tariffa più bassa disponibile e potranno prenotare come tutti gli altri.” Troppo pietista? Avete ragione, siamo un Paese perennemente da bere, non perdiamo tempo a cercare di evolverci socialmente. Allora facciamo una cosa davvero innovativa e da bere: Steve Lukather a bordo di ogni volo che suona in diretta a quelli della prima classe “Georgy Porgy” (e a quelli dell’economica “Africa”). Tutto Toto per fare brand extention. Cool. Naturalmente il piano industriale – che prevede un fatturato a regime di circa 250 milioni di Euro – mira “al raggiungimento del pareggio operativo entro 19 mesi dall’inizio delle operazioni”. Ovvio, che altro se no.
“Il comandante e l’equipaggio vi augurano un buon volo e vi ricordano che dopo aver chiuso il tavolinetto e spento tutti i dispositivi elettronici l’appuntamento è da qualche parte a pareggio raggiunto”.

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