«Quando decidi di quotarti in Borsa o hai troppi debiti o vuoi più soldi». Questo vecchio adagio, comune fra gli operatori finanziari, è quello che potrebbe meglio legarsi a Facebook. Il social network più celebre doveva quotarsi sul Nasdaq, il listino dei titoli tecnologici di Wall Street in maggio, fra circa due settimane. Già, doveva. Perché come riporta Kate Kelly della CNBC, il management sta pensando a un ritardo. Ufficialmente non c’è nulla di verificato, ma fonti vicine al dossier rivelano che Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook vuole completare ancora diverse acquisizioni. Ma gli investitori istituzionali temono che sotto ci sia dell’altro. Temono nella prossima bolla, quella dei social network. Il giorno in cui Zuckerberg ha dichiarato di voler quotare la sua creatura, in più hanno storto il naso.
Un vecchio leone di Wall Street come Jim Rogers definì Facebook come «la più grande bolla degli ultimi 20 anni». Colpa di un valore di Borsa ipotizzato che continuava a salire vertiginosamente. Dalla prima cifra teorizzata dagli analisti, circa 15 miliardi di dollari, si è passati velocemente a oltre 100 miliardi. Una cifra spaventosa, specie considerando un settore così volatile come quello dei social network. E da quel giorno, in cui Zuckerberg disse sì all’IPO, è stato tutto un crescendo. Fino a pochi giorni fa, quando Facebook decise di acquistare Instagram, il social network delle foto fighette che sta facendo impazzire la New York radical-chic e non solo. Instagram è stato comprato per un miliardo di dollari. Sì, un miliardo di dollari. E anche in quel caso, i guru di Wall Street guardato con sospetto a quel giovanotto un po’ sfigato che ha deciso di creare Facebook. Ieri, intanto, è emerso che i profitti del giocattolo di Zuckerberg sono calati del 12% nel primo trimestre dell’anno. «Colpa delle acquisizioni», dice la società, ricordando che gli utenti sono diventati 901 milioni. Uno stato virtuale che fa tornare alla mente gli esempi di Second Life o Myspace, due creature del web cresciute tanto rapidamente quanto esponenzialmente e poi scoppiate altrettanto con impressionante rapidità. Che sia il caso anche di Facebook?