L’insalata bionda Chiara Ferragni, probabilmente, qualche anno fa, non avrebbe mai pensato di essere un giorno al centro di numerose discussioni dentro e fuori dal web.
A creare scompiglio per primo ci ha pensato il giornalista Simone Marchetti, una attenta analisi l’ha fatta Marta Casadei http://www.linkiesta.it/blogs/marchionne-veste-prada/le-lacrime-di-coccodrillo-sui-blogger-di-moda ma l’argomento è molto più vecchio e ne aveva parlato anche il direttore di Vogue italia, Franca Sozzani http://www.vogue.it/magazine/blog-del-direttore/2011/01/28-gennaio
Chiara Ferragni, già nel 2009, quando si aggirava dalle parti dell’Università Bocconi, dove è iscritta, era indicata e identificata da tutti. Si intuiva nell’aria, stava nascendo una web star.
Con il suo inseparabile fidanzato decide di mettere in piedi un super business, e ci riesce. Dicono che l’anno scorso abbia fatturato circa 400mila euro per presenziare e prestarsi come testimonial.
Quindi lancia The Blond Salad, fashion blog dove si fotografa e si fa fotografare in ogni dove in tutti i momenti della giornata e con infiniti outfit: piena di accessori e con capi delle ultime collezioni dei migliori brand: sulle scale con una Chanel, a spasso con un paio di scarpe Miu Miu e via discorrendo.
E poi foto, commenti, like e condivisioni a non finire.
Cosa ha differenziato la Ferragni da tutte le fashion blogger? In primo luogo è naturale che bisogna creare un simbolo, un punto di riferimento per le masse. Lei è molto carina, ha un fidanzato manager e, soprattutto, ha sempre avuto modo di comprare tutto quello di cui parlava e con cui si fotografafa nei post (finchè non hanno cominciato a regalargliele, s’intende) e ha cavalcato l’onda.
Essere Chiara Ferragni vuol dire avere una vita perfetta, con un fidanzato perfetto e un armadio pieno di vestiti.
Nello stesso tempo diventa un incubo per gli addetti ai lavori, come i giornalisti di moda, che hanno dovuto studiare a suon di scuole, master e gavette mentre un’orda di ragazze armate delle migliori macchine fotografiche invadono la rete e le prime file delle sfilate pronte a tutto per apparire e farsi fotografare, come avevo scritto in un post subito dopo l’ultima fashion week.
In fondo la moda può essere raccontata anche dalle fashion blogger, magari in modo poco competente ma che può risultare utile per capire determinate dinamiche, ma il vero problema è un altro.
La sensazione che si avverte è che una specie di “grandefratellismo” abbia invaso il mondo della moda: chiunque ne sa qualcosa e deve a tutti i costi comunicarlo.
Invece che sfogliare Vogue a casa con le amiche, basta aprire un blog dove la parola “fashion” regna sovrana e sperare di essere contattate da p.r. di moda e uffici stampa.
Perchè si è arrivati a dargli così tanta importanza al punto di essere chiamate dai marchi per i press day, coinvolte dalle digital p.r. per presenziare agli eventi e tenute fortemente in considerazione dagli uffici stampa?
La risposta potrebbe essere che costano poco.
Far circolare post su post dove loro si fotografano con capi e presso i luoghi di rappresentanza del brand vale a dire creare visibilità. Anche se difficile da quantificare.
A quanto pare, però, la Ferragni ragiona da imprenditrice: la sua presenza ha un costo.
Richiesta opinabile, tuttavia non riesco a trovarle una colpa: ha chiesto e le è stato tranquillamente dato. Senza tanti scandali.
In questo momento sono tutti contro tutti: addirittura gli stessi fashion blogger cominciano a insultarsi tra loro, le colpe rimbalzano insistentemente e se fino a qualche giorno fa venivano osannate adesso sono una presenza quasi ingombrante.
Franca Sozzani aveva intitolato il suo pezzo così: Blogger: fenomeno o epidemia?
La risposta sembra essere arrivata.