Ha ancora senso la figura del giornalista quale intermediario e “diffusore” di notizie ora che sempre più i “social” – e in modo particolare twitter – permettono un’informazione in tempo reale da tutti a tutti?
Se nel passato il giornalista deteneva un minimo di potere nel costruire e confezionare l’informazione e quindi un minimo di potere di veicolare significati e cultura, perché faceva da tramite tra politica e opinione pubblica, oggi tale ruolo sembra venire meno di fronte all’accesso e all’uso facile e di massa ai social network.
Twitter, diventato luogo e strumento dell’informazione in tempo reale, mette ulteriormente in discussione la tradizionale forma gerarchica dei mezzi di comunicazione e quindi il loro relativo potere di influenzare e orientare la società. E’ l’epoca questa dell’autocomunicazione di massa (Manuel Castells, “Comunicazione e potere”) una situazione dove tutti comunicano con tutti in modo multi e pluri direzionale. E che fine fanno i giornalisti in questa situazione?
Prendiamo l’esempio dell’hastagh del 26 marzo #direzionePD, il titolo dell’incontro a porte chiuse in cui si sono riuniti dirigenti e rappresentanti del Pd per discutere dei problemi del paese.
Un tempo il giornalista aveva il compito di farsi raccontare cosa succedeva in questi contesti e l’attenzione dell’opinione pubblica era rivolta al giornalista che raccontava i fatti.
Nel caso citato i politici presenti all’incontro hanno direttamente twittato dal proprio telefonino informazioni su cosa stava succedendo sotto i loro occhi. Non solo l’incontro a porte chiuse è diventato pubblico, incrinando il tradizionale confine tra politica e società civile, ma i politici si sono trasformati anch’essi in “citizen reporter”, in informatori dal potere aumentato dalle possibilità date dalla Rete.
Per capire i motivi per cui i politici adottando questo nuovo ruolo bisognerebbe approfondire, ma è anche vero che il politico da sempre è anche un comunicatore quindi questo uso sempre più massiccio da parte loro dei social non dovrebbe stupire. Tanto più se si pensa che il potere della comunicazione in rete di cui parla Castells è legato alla personalizzazione della comunicazione e alla persona che lancia il messaggio, il cui grado di influenza dipende più dalla sua reputazione che dal suo ruolo, più dalla sua capacità di rendersi visibile che dai valori e interessi che riesce a veicolare.
Il potere di attrazione dei politici pare aumentare notevolmente per coloro che utilizzano i social network e soprattutto di trovare meno filtri e quindi meno ostacoli nel suo esercizio. Il twitter-politico bypassa testate, agenzie e giornalisti, diventa politico e giornalista, ufficio stampa di sé stesso.