Diario grecoGrecia: ” la scelta è tra ‘Europa’ e ‘Africa’ ” (una chiacchierata con Stelios Ramphos)

Ieri, domenica di Pasqua ortodossa, ho pranzato con Stelios Ramfos. Ramfos, esiliato politico sotto la Giunta dei colonnelli negli anni '70, è filosofo, profondo conoscitore della società e politic...

Ieri, domenica di Pasqua ortodossa, ho pranzato con Stelios Ramfos. Ramfos, esiliato politico sotto la Giunta dei colonnelli negli anni ’70, è filosofo, profondo conoscitore della società e politica greche, editorialista su diversi quotidiani. Egli è anche autore, tra l’altro, di un recentissimo libro “La logica della paranoia”, che ha avuto grande successo qui in Grecia. “La logica della paranoia” parla proprio del sistema di pensiero e di abitudini consolidate che hanno portato, da un lato, la classe politica a rendere sistema la corruttela e il malgoverno, e, dall’altro, il popolo Greco ad accettare o condividere questo sistema sperando in continue palingenesi. Un suo fan ha addirittura creato un blog che raccoglie molti degli interventi pubblici di Ramphos: http://steliosramfosgr.wordpress.com/).

Come un’anno fa, mentre infuriavano le proteste a Syntagma per le prime manovre economiche del governo Papandreu, abbiamo chiacchierato ancora della situazione greca. Gli chiedo: “che succede ora?” Pensando alle elezioni imminenti, e alle palpabili tensioni sociali che si vanno accentuando in occasione delP voto. Con un certo modo di fare -molto greco- che sembra reagire come se la risposta fosse assolutamente ovvia, mi dice: “guarda, la scelta, per la Grecia, è tra Europa e Africa” (intende cioè una scelta tra un sistema sociopolitico moderno e un sistema che non invece riesce ad uscire dalla sua arretratezza economica e culturale) “e le elezioni non possono portare ad altro se non ad una coalizione di governo tra i due maggiori partiti, il centrosinistra PaSoK e il centrodestra Nea Democratia.” Ma i sondaggi hanno dato i due partiti in forte calo, nella settimana scorsa, benché con qualche miglioramento nelle ultimissime 48 ore. I due partiti sono colpiti da continui scandali relativi alla corruzione, a tutti i livelli, attraverso cui hanno gestito gli anni della crescita economica, e in particolare i giochi olimpici. Pare che diversi nuovi piccoli partiti, che raccolgono lo scontento degli elettori, se non le loro paure, abbiano ora la possibilità di superare lo sbarramento del 3% che li porterebbe in parlamento: il partito di estrema destra Χρυσή Αυγή (Chrisì Avgì, cioè “Alba dorata”) così diversi partiti di estrema sinistra presenti nel panorama politico greco.

“Io non so che cosa possa succedere con le elezioni” -mi dice ancora Ramphos- “e so invece bene che la classe politica come ha governato finora il paese sia stata moralmente irresponsabile. Eppure, PaSoK e Nea Demokratìa sono gli unici partiti in grado di parlare con l’Europa, e di tenerci agganciati ad essa. Per quanto il prezzo da pagare per questo possa essere alto, resta preferibile all’alternativa, che ci allontanerebbe ulteriormente dall’Europa”. Gli nomino diversi altri esponenti politici non appartenenti alla diarchia PaSoK Nea Demokratìa. In tanti infatti cercano di proporsi come diversi rispetto al sistema di potere esistente e di costruire alternative politiche, soprattutto da sinistra, che tengano la Grecia in Europa pur rinegoziando le condizioni di estrema austerità economica imposte dalla Troika. Uno di questi è Alexis Tsipras, leader del partito Synaspismòs, e del gruppo parlamentare della sinistra radicale ed europea col nome di SYRIZA. Altro gesto di risposta ovvia da parte di Ramphos: “né Tsipras né alcuno di loro hanno la cultura politica adatta per guardare i problemi della Grecia dall’esterno. Sono espressione di una cultura politica vecchia, e non hanno le capacità politiche, nemmeno per fare quello che dicono di voler fare. Quando dico che non so cosa possa succedere, intendo che metto in conto anche la possibilità di scontri violenti e disordini con i risultati elettorali, ma ciò non toglie che non abbiamo altra scelta se non quella di proseguire sulla via indicata dalle istituzioni internazionali con una coalizione dei maggiori partiti”. (Si veda anche il mio precedente blog post in relazione al commento di Lagarde del FMI sulla Grecia: http://www.linkiesta.it/blogs/diario-di-una-primavera-grecia/grecia-il-fondo-monetario-internazionale-ha-gia-votato).

Ripropongo ora qui sotto alcuni brani da un pezzo, inedito, che avevo scritto un anno fa, a seguito del mio primo incontro con Ramphos: mi sembra completino il suo pensiero in merito alla crisi.

Il 29 giugno 2011 il parlamento ellenico votava una manovra finanziaria dettata dall’Europa. Tutti abbiamo visto gli effetti di questo voto: i manifestanti raccolti in Piazza Syntagma (mentre scriviamo, da più di un mese) che esprimono il loro dissenso e la loro sfiducia nel governo dando vita a violenti scontri con la polizia. La sua versione di questa crisi ha alcune differenze da quella che abbiamo letto sui giornali.

Ramphos ci racconta che la crisi attuale ha radici che vanno bel oltre la crisi finanziaria, e che, per molti aspetti, sono quelle di una crisi antropologica, della cultura politica e sociale greche, della stessa identità ellenica. La storia di questa crisi è quella di una crescita andata storta: nel momento in cui è entrata nel gruppo dell’euro, la Grecia non era pronta a far seguire all’ingresso in Europa un salto in avanti, culturale come sociale. Ma, ci dice Ramphos, la crisi della Grecia nasce da più lontano ancora. A differenza dell’Italia, la Grecia non ha avuto il Rinascimento, né l’esperienza dei comuni nel medioevo. La Grecia non ha visto, cioè, la nascita di strutture sociali partecipate, ma è arrivata all’indipendenza con una cultura mantenuta forzatamente in uno stato profondamente arretrato, almeno per la grande maggioranza della popolazione. Inoltre, un’altro elemento assente nella cultura greca premoderna è il legame sempre più stretto con la scienza, che invece caratterizzerà gli sviluppi delle società dell’Europa occidentale. In quello che lo stesso Ramfos chiama una approccio antropologico alla società, il debito della Grecia e l’incapacità di gestire questa crisi sono l’esito diretto di questa storia culturale. Ma come si arriva da qui alla protesta di piazza Syntagma? Hanno ragione i manifestanti? E la manovra è giusta? Certamente il partito di Papandreu (il PASOK, centrosinistra greco) è corresponsabile, insieme al centrodestra di NEA DEMOKRATIA, per la situazione attuale. Ma la manovra imposta dall’Europa va nella direzione giusta. L’unica percorribile dopo anni di sprechi nella gestione della finanza pubblica e del suo uso clientelare, oltreché di malcostume fiscale diffuso, e di uno stato sociale ipertrofico.

Benché la manovra cada in buona parte su una generazione che non ha di fatto ancora goduto del sistema greco così come è stato finora – e benché durissima in generale – è l’unica via d’uscita dallo stato di cose attuale. Per Ramphos, poi, il movimento che da un mese occupa piazza Syntagma è diverso da quello degli Indignados spagnoli, perché non è espressione di una nuova coscienza sociale. E’ invece portatore di un profondo nichilismo, e non è è in grado di organizzarsi politicamente. Papandreu si trova ora a fare l’unica cosa possibile, e, per quanto dura, la manovra eviterà alla Grecia di scivolare ai margini dell’Europa, in una situazione, ancora più arretrata. E le proteste, predice Ramphos, non avranno alcun esito sociale e politico. E’ per questi motivi, insiste Ramphos, che questa crisi è profondamente Greca. Essa potrebbe essere paragonata all’Italia solo se facessimo l’esperimento mentale di immaginare il Mezzogiorno d’Italia come uno stato sovrano, privo delle altre culture politiche e sociali che controbilanciano l’identità dello stato italiano. Se pur la manovra salverà la Grecia, il cambio di paradigma che sarà imposto alla nazione per restare agganciata all’Europa occidentale richiederà un ripensamento degli stessi fondamenti della cultura greca moderna, delle sue radici antropologiche. Sarà la Grecia capace di questo?

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