What’s AroundIl senso degli italiani per le file e altre storie in aeroporto

Una delle mie domande più ricorrenti quando sono in aeroporto è: "Perchè la gente affolla l'ingresso del gate d'imbarco prima ancora dell'arrivo delle hostess per il controllo di biglietti e passap...

Una delle mie domande più ricorrenti quando sono in aeroporto è: “Perchè la gente affolla l’ingresso del gate d’imbarco prima ancora dell’arrivo delle hostess per il controllo di biglietti e passaporti?”

Frequentando con una discreta frequenza gli aeroporti – soprattutto nazionali- con il tempo ho accumulato una serie di dubbi, domande, aneddoti e considerazioni semi-serie su quello che succede in aeroporto: luogo, a suo modo, affascinante.

Il senso degli italiani nei confronti delle file

Arrivare ai box per il check-in o al gate di uscita crea la stessa sensazione di trovarsi davanti all’ingresso di un concerto di Lady Gaga o quello di quando ci si reca alla boutique di Gucci nel primo giorno dei saldi. La calca.

La parola fila, a noi italiani, rimane sconosciuta. Specialmente quella indiana. Dovrei illustrarvi la situazione per farvi capire “l’accozzamento” generale che si crea lì davanti, ma secondo me l’avete capito di già.

Al gate d’imbarco, all’arrivo dell’hostess, comincia un gioco fatto di sguardi feroci e colpi di trolley: gli uomini se nella calca hanno accanto una donna spesso le concedono l’ingresso, ma guai a trovarsi accanto coetanei o persone più grandi d’età: non c’è fila che tenga, è tutto un ‘ti frego prima io’ mentre un piede e una ruota di bagaglio a mano ti stritola qualche parte del corpo.

Una volta controllati tutti i biglietti pensi di esserti liberata e invece sei punto e a capo! Tutti ammassati nuovamente nel corridoio che porta al portellone dell’aereo o, nella maggior parte dei casi, tutti sul bus-navetta. A questo punto non c’è più un prima e un dopo e può succedere che a scendere per primo sia chi è salito per ultimo, tirandosi l’odio di chi ha sgomitato prima.

Il vero momento di panico arriva quando, una volta messo il piede a terra dalla navetta, si apre una questione drammatica: da che parte salire.

Nel migliore scenario hai già controllato il tuo posto a sedere quindi, dipende se primi o ultimi numeri, vai dal lato di aereo più vicino e, addirittura, a volte, c’è anche un omino che urla le divisione indicandoti dove andare. Tutto questo, però, spesso non avviene. Vige la regola della giungla: ti dirigi verso la scala meno affollata, ed è una decisione da prendere in pochissimi secondi perchè basta un niente ed è già tutto pieno. Nel frattempo, camminando al rallentatore per i gradini della scala, si innesca una specie di gioco della paranoia: mentre tieni d’occhio il passeggero corrispondente a te nella scala parallela così da monitorare se hai fatto la scelta giusta, quelli che ti stanno accanto e dietro non fanno altro che osservare le tue azioni e tac! basta un attimo che ti abbassi a prendere il trolley che qualcuno ti ha già superato.

Ora, la domanda è a monte: a meno che tu non stia viaggiando con ryanair senza un boarding pass prefereniziale, che senso ha mettersi “in fila” al gate due ore prima, caricarti come un toro per superare il tuo compagno di viaggio quando hai un posto numerato?? Il senso, secondo me, non ce l’ha, ma a noi italiani piace l’idea di fregare l’altro quindi chissenefrega del posto numerato.

La gestione dei bagagli.

Momento check-in. Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che le compagnie aeree non accettano bagagli di peso superiore a 15 o 20 kg (a meno che non si sia pagato un extra) e che anche il bagaglio a mano deve rispettare un certo peso e dimensione.

Eppure, ancora oggi, questo non è chiaro. Ho visto persone sistemare sul nastro del check-in, con molta nonchalance, bagaglio di imbarco di 45kg, ho visto bagagli a mano grandi come un armadio casa, ho visto trolley che diventano magicamente 2 prima del controllo al metal detector (ammetto di aver nascosto pure io qualche bagaglietto in più dietro la colonna).

La tratta più folk che faccio è Catania-Milano dove sei carico di conserve, prodotti e dolciume da portare “al nord” come scorta. Ovviamente non sono l’unica e chi lo fa magari non ha il buon senso di rendersi conto che il profumo degli arancini&co lo senti a circa 3km di distranza ergo, in aereo, se sali senza aver mangiato rischi di uccidere qualcuno per l’odore di tavola calda sistemata accuratamente nelle cappelliere.

Cosa succede a bordo.

Il volo è spesso tranquillo se non fosse che azzeccare un buon vicino di posto è una specie di terno al lotto.

Quando il tizio accanto a te vuole parlare, te ne accorgi subito: per prima cosa ti sorride appena ti siedi poi parte la considerazione banale ad alta voce tipo: “ah, stavo dimenticando si spegnere il cellulare” oppure la domandina che riguarda qualche funzionalità dell’aereo. Morale della favola: sei spacciato.

Non c’è occhiale con lenti scure, tanto di cuffie con musica, pc acceso, riviste o libri che tengano: sei stato scelto.

Da lì a poco la prima domanda che tendenzialmente è qualcosa così: “Sta tornado a …?”.

No, vado nel paese delle meraviglie. Ovviamente questo è quello che vorreste rispondere, ma sapete che la domanda è un pretesto per innescare immediatamente una conversazione lunga tutta la tratta che può diventare una sorta di confessionale mista a seduta dalla psicologo: in pochi minuti via ha raccontato di tutto e di tutti anche senza volerlo. La situazione è come se si stesse chattando con una persona che non si conosce, anche se in aereo ne vedi il mezzobusto.

Una verace signora siciliana una volta, dopo avermi offerto valanghe di caramelle colorate [che all’inizio rifiutavo ma dopo aver visto il suo sguardo tra l’offeso e l’incazzato ho accettato], vedendomi leggere ancora mi dice: “lei deve leggere tutto il viaggio? Perchè se parla con me allora mi fa passare il tempo più velocemente.” A quel punto che fai? Chiudi tutto e diventi la sua cavia.

L’arrivo a destinazione.

A questo punto del viaggio scatta l’operazione: chi si ferma è perduto.

In pochi attimi, una volta scesi dal bus-navetta, la prima cosa che si fa è poggiare il trolley a terra e tirare su il manico per trascinarlo. Peccato che, nel frattempo, gli amati compagni di viaggio ti sono già passati accanto, sopra e sotto spingendoti ad andare avanti [qualcuno sbuffa anche] e via dritti a ritirare il bagaglio imbarcato.

La cosa più logica da fare, adesso, sarebbe quella di controllare nel monitor il nastro dove verranno fatti passare i bagagli ma la stanchezza e la confusione hanno preso il sopravvento: seguite la massa cercando di tenere d’occhio qualche volto che avete memorizzato in aereo sperando che anche loro abbiano capito dove andare ma, se seguite il passeggero sbagliato vi potete ritrovare in bagno o direttamente all’uscita. Ma problema di poco conto, quello che conta adesso è ritirare tutto e uscire fuori.

Dalle porte a scorrimento vedete già la luce e la gente che aspetta fuori: è finita.

No, non è vero.

Sistematicamente appena uscite c’è qualcuno davanti a voi che viene accolto festosamente da amici e parenti e, ovviamente, il tutto avviene davanti l’uscita principale che blocca il passaggio. Disagio generale, sopratutto se ad aspettarvi al massimo c’è un taxi o la macchina al parcheggio ma alla fine non vi rammaricate: siete finalmente arrivati a destinazione!

Ci sarebbe da raccontare cosa succede quando si sistemano i bagagli nelle cappelliere, della parlate di hostess di volo e piloti ai microfoni, sull’applauso che qualcuno ancora fa e di quando siete seduti accanto a 3/4 bambini ma viaggiare non è un incubo, solo che noi italiani lo rendiamo più diventente.

E così ci piace.

X