UmamiL’autodafé della biblioteca nel teatro di Alessandria

A volte i libri bruciano perché messi all'indice, altre volte per un capovolgimento della storia, a volta semplicemente per scaldarsi. Ma nel 2012 ci sono libri che finiscono al macero per una defi...

A volte i libri bruciano perché messi all’indice, altre volte per un capovolgimento della storia, a volta semplicemente per scaldarsi. Ma nel 2012 ci sono libri che finiscono al macero per una definizione: “non bonificabili”. E’ successo al Teatro Regionale Alessandrino chiuso da due anni per una nube di polveri d’amianto che si era alzata all’interno. E tra le vittime, dopo i lavoratori rimasti a casa e gli spettatori costretti a migrare per la provincia, oggi ci sono migliaia di opere del fondo Ferrero. Si tratta di testi sul teatro, libretti d’epoca e locandine di un passato glorioso, finiti nel calderone della bonifica, nell’incuria e nel laissez faire generale. Fino a quando la redazione alessandrina della Stampa ha scatenato la polemica, chiedendo dove fosse finito quel fondo, in un primo momento destinato a creare una biblioteca specifica (Alessandria ospita da anni un Festival di critica cinematografica e un premio intitolato alla figura del celebre critico Adelio Ferrero). La risposta è stata una sentenza di condanna: non si poteva rimuovere la polvere dai libri che così sono stati destinati al macero. Di oggi l’intervento della Soprintendenza dei Beni archivistici del Piemonte che ha condannato la soluzione adottata, ricordando come spettasse a lei e non ad altri decidere sul destino dei libri. Per di più un’eliminazione così rapida si sarebbe potuta giustificare con altro genere di rischi, come la radioattività.
Ad Alessandria, tra poche settimane, si voterà per rinnovare il consiglio comunale. Oggi i candidati hanno raggiunto la cifra record di ottocento. Sarebbe bastato che ognuno di loro si occupasse di due volumi per salvare dalla discarica il fondo.

(Dal prossimo post tornerò ad occuparmi di enogastronomia, ma questa storia era troppo indigesta per non parlarne)

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