Chiamatele puttanelle cristiane. Poco importa che l’ABC, spinta dalle critiche, abbia poi cambiato il titolo di questa serie TV nelle sole sigle GCB, per noi resta in auge il titolo originale: Good Christian Bitches. Perché del resto, di questo parliamo: di stronzette di prima categoria, adepte della religione cristiana, un po’ bacchettone un po’ scostumate, un po’ moraliste un po’ peccatrici.
La serie TV, incominciata il mese scorso negli States (ancora inedita in Italia), racconta le vicende di Amanda, ex queen bee del liceo, che ritorna (dopo la morte del marito fedifrago, ex quarterback del medesimo liceo) a Dallas. L’accoglienza è tutto fuorché rosea: da ragazzina era una bulla e ora le vittime dei suoi sgarri, dopo sedute di botox e ritocchi in ogni dove, sono pronte a fargliela pagare. Il tutto si svolge in uno scenario “divino”: a Dallas sono tutti credenti e praticanti.
La serie si presenta quindi come una divertente parodia di due mondi: da un lato il Texas con tutti i suoi stereotipi (le donne sposate con allevatori e ranch-boy, gli omosessuali repressi, le lunghe liste di pistole e fucili in bella vista sulle pareti di casa). Dall’altro c’è lo sfottò al mondo della chiesa: irriverente, grida qualcuno. Ironico e satirico dico io: non c’è nulla di blasfemo, in GCB.
Certo, le puttanelle cristiane predicano bene e razzolano male: sono quelle che, come canterebbe De Andrè, danno buoni consigli se non possono più dare il cattivo esempio. Ma non c’è nulla di irriverente in questo. C’è la chiesa con i suoi dilemmi, i suoi modi di interpretare la Bibbia e – se vogliamo – c’è anche lo scontro tra Nuovo e Vecchio Testamento, con i differenti modi di considerare Dio (severo e vendicativo nell’Antico Libro, amorevole e pietoso nel Nuovo).
C’è tanta sana ironia, nell’interpretare in modi controversi le massime della Bibbia e nell’utilizzare Dio (e affini) come scusanti:di fronte a un pettegolezzo troppo osé una protagonista dichiara “è il diavolo che me l’ha fatto pronunciare“; parlando con Amanda tornata sobria la regina delle Christian Bitches dice “non ti colpevolizzare, Anche Gesù beveva vino“.
Ma l’ironia è chiara nel momento in cui gli eccessi sono così visibili: merito anche di un’incredibile Kristin Chenoweth (ve la ricordate in Pushing Daisies?) nei panni della cristianissima Carlene Cockburn.
In America alcuni siti religiosi e alcuni blogger fedeli sono già partiti al contrattacco, un contrattacco che – a dire il vero – era già in quarta prima che la serie (ispirata all’omonimo libro di Kim Gatlin) fosse in onda. Ora la protesta più grande (e bizzarra) arriva da National Prayer Network, un sito di fedeli, che si è lanciato in una crociata contro GBC, definita una serie che istiga all’odio verso i cristiani. Lo scopo è quello di boicottare tutto ciò che ha a che fare con GBC e con ABC, compresi gli sponsor che supportano lo show.
Dai, ma sul serio? In moltissime serie TV i personaggi sono delle macchiette caricaturali, spesso eccessive, ma non sta proprio in questo il bello? Nel saper ridere e prenderci in giro dei nostri eccessi, che tutti abbiamo, cristiani e non cristiani.
L’unica pecca che ha la serie, come ha giustamente sottolineato Andy Swift su TVline.com, è quella di presentarsi come l’erede di Desperate Housewives: due prodotti troppo diversi, accomunati solo dal fatto di essere entrambi graziosamente superficiali. L’accostamento – si sa – è una strategia di marketing e come tale va preso. Per il resto GCB è assolutamente consigliato, basta saperlo guardare con la giusta ironia. La chiesa continua a storcere il naso? Beh, non ci resta che far spallucce. Del resto, si raccoglie ciò che si semina.