FuoriserieQuando un capolavoro di nicchia passa su Rai2 e diventa un banale legal

Forse sono semplicemente prevenuta. Forse la Rai ha diritto di accaparrarsi qualche "chicca" televisiva. Forse. Ciò nonostante non posso togliermi quella sensazione che The Good Wife, nel palinsest...

Forse sono semplicemente prevenuta. Forse la Rai ha diritto di accaparrarsi qualche “chicca” televisiva. Forse. Ciò nonostante non posso togliermi quella sensazione che The Good Wife, nel palinsesto Rai, sia più che sprecato. E il fatto stesso che il legal drama della CBS sia finito nelle mani di Mamma Rai mi sembra spinga in molti a sottovalutare questa serie TV.

Julianna Margulies, ex E.R.: per il suo ruolo in The Good Wife ha vinto un Emmy e un Golden Globe

Parliamoci chiaro: Rai2 (che manda in onda la serie in prima TV assoluta – e per di più in seconda serata!) è il canale dei procedural, da Castle a Hawaii-Five O, da NCIS a Criminal Minds (e affini), da Dark Blue a Blue Bloods. Che sono anche (alcuni più alcuni meno) bei prodotti, ma di gran lunga molto meno sofisticati e interessanti di quanto possa essere la serie interpretata da Julianna Margulies. The Good Wife è un prodotto raffinato, fortemente culturale, con una solida sceneggiatura, una recitazione impeccabile ed è del tutto sminuito in un contesto simile, con serie che – tra l’altro – sono già state mostrate in prima TV su Sky e che qui vengono solo riproposte. E’ un canale che ancora chiama le serie TV con quell’arcaico “telefilm”, dannatamente retrò (guarda caso, né Sky né Mediaset lo usano più, ma lo sappiamo la Rai vuole i suoi tempi). Me lo chiedo e me lo richiedo, come è possibile che i diritti di The Good Wife non siano oggetto di una diatriba all’ultimo sangue tra le principali reti a pagamento (che – normalmente – si accaparrano i prodotti americani migliori)?

La conseguenza è che tutto l’ambiente italiano sembra “snobbare” un po’ questa serie. Lo testimoniano anche Itasa e Subfactory, i principali siti fornitori di sottotitoli in italiano: normalmente rilasciano (magistralmente, va detto) i sottotitoli a un giorno o pochi giorni di distanza dalla messa in onda negli States. Con The Good Wife no. Itasa è fermo al nono episodio della terza stagione (negli USA è già andata in onda la 19esima puntata), Subfactory non include nemmeno la serie nella sua lista.

Eppure è uno dei capolavori indiscussi della serialità televisiva degli ultimi anni, che non accenna a perdere colpi. Perché dietro alla trama (Alicia, moglie del procuratore Peter Florrick, che ricomincia a lavorare come avvocato, dopo 15 anni di assenza dalle aule, dopo che il marito finisce dentro per essere stato coinvolto in uno scandalo sessuale e di corruzione) The Good Wife offre un ventaglio infinito di temi trattati con rigore, serietà e approfondimento. Senza risultare mai pesante, mai tedioso.

Sullo sfondo i singoli casi legali che permettono alla serie di rientrare all’interno della categoria dei procedural forniscono una panoramica completa della società americana, dai grandi temi (la politica interna e estera, i diritti gay, la corruzione, il ruolo delle donne, i lati oscuri delle grandi multinazionali) a quelli che ci toccano tutti i giorni (la famiglia, i tradimenti, i rapporti con i colleghi di lavoro).

Ricorrente il personaggio di Michael J Fox nelle aule di tribunale di The Good Wife

E se il pubblico italiano fatica a capirlo, un po’ di colpa la Rai ce l’ha. Ha tra le mani un tesoro e non sa come farlo sfruttare. Lo fa passare per un banale legal invece di invocare al capolavoro.