Non ricordo quale fosse l’anno, ma comunque sia a quei tempi io non avevo ancora un profilo su Facebook. Ma in compenso possedevo un myspace. In un non meglio identificato giorno fa la sua comparsa il “tag”. Io collegavo questo termine alle firme dei writers sui muri, il loro modo di comunicare dove erano stati, semplicemente un segno della propria presenza. Il nuovo tag serviva, serve, come link al profilo di una persona. Il tag dice “ehi guarda che questo è taldeitali, se ci clicchi sopra vai sul suo profilo”. In myspace era un cambiamento epocale. In molti tendono a considerare Facebook come una versione evoluta di myspace, ma a mio giudizio è una visione errata.
Su myspace c’era una reale costruzione di un’identità virtuale, un proprio alter ergo nella rete. Le foto erano accuratamente selezionate, leggermente modificate, non tanto per coprire eventuali difetti, ma per comunicare la propria personalità. Se la maggior parte delle foto erano in bianco e nero capivamo la personalità cupa della persona, se i colori erano maggiormente accesi il contrario. Se nelle foto il colore dominante era il giallo molto probabilmente la persona aveva una personalità solare ed ascoltava reggae, se invece predominava il cyan si trattava di indie amanti del british che volevano foto in cui risaltassero volti pallidi. Sembrano cazzate, ma una volta entrati in certi circuiti virtuali, ci si rende conto di come ogni particolare ci comunichi un lato di una determinata personalità. Il proprio spazio era personalizzato: lo sfondo era identità, le immagini di film, band, scrittori ed altro erano anch’essi identità. Tutto nella nostra pagina era costruzione della nostra identità virtuale, appena entrati nella pagina dell’utente avevamo già un’idea generale di chi avevamo di fronte. Myspace era condivisione d’interessi, prima di tutto si parlava con gli altri di musica, cinema e libri. Per questo motivo ogni myspacers costruiva, oltre ad una propria identità virtuale, una propria web-tribe. Difficilmente un indie fan dei joy division, dei film in bianco e nero e di Baudelaire, diventava amico di persone con interessi dissimili dai suoi. La forte personalizzazione del profilo toglieva ogni margine d’errore dalla scelta degli amici. “Voglio essere tuo amico perché hai i miei stessi interessi”. In Facebook è entrata di scena la completa e totale omologazione dei propri profili. Possiamo personalizzarli attraverso le info, ma in realtà quest’ultime sono considerate da pochissimi, non mi è mai capitato di leggere post in bacheca come “ehi ho visto che segui questa serie!”. Ci differenziamo dagli altri grazie alla nostra bacheca, postando video, link, etc. Ma non tutti lo fanno, in molti hanno bacheca vuote. C’è da capire se questo vuoto sia generalmente interpretato come mancanza d’interessi oppure poca confidenza con il social network. Se su myspace gli interessi erano imprescindibili per la costruzione di un proprio profilo, adesso accade il contrario su Facebook.
I myspacers erano utenti innovatori, consci della potenza del web, consci del fatto che se hai uno spazio devi riempirlo di ciò che ti rappresenta. Su Facebook sono arrivati anche i ritardatari, i quali dimostrano la scarsa confidenza con il web nel momento in cui non comprendono che fb è non solo un mezzo di comunicazione, ma anche uno spazio di auto-rappresentazione. Da notare anche il fatto che, tranne che nei forum, sono quasi scomparsi i nickname. Facebook ha introdotto la pratica di mettere nome e cognome sul proprio profilo, da soli abbiamo costruito l’enorme banca dati che le aziende agognavano da così tanto tempo.
Ma torniamo alla questione “tag”. Solitamente ogni innovazione sui social media parte dagli utenti, essi notano una mancanza e cercano di colmarla, i proprietari della piattaforma notano il bisogno degli utenti e lo soddisfano. Ad esempio prima su Facebook erano in molti a scrivere “mi piace il commento di taldeitali”, così è stato introdotto il “mi piace” anche per i commenti. Ma chi è che sentiva il bisogno del tag? Tramite di esso è morto myspace, se prima era l’utente a costruire la propria immagine adesso non può più farlo. I tag svelano la sua vera immagine. E’ un controllo reciproco che ogni giorno attuiamo, vuoi far vedere di essere un bravo ragazzo? Perfetto allora ti taggo nella foto in cui sei ubriaco, dici in giro che te manco le sigarette fumi? Perfetto ti taggo nella foto con in mano la canna. Siamo come delle celebrità inseguite dai paparazzi, prima o poi uscirà fuori una foto imbarazzante di noi. In molti combattono con il social network per mettere come opzione quella dell’approvazione del tag. Ma ovviamente, come in tutte le cose, se non ci vuole nulla per taggare una persona, per impostare l’approvazione del tag dobbiamo fare i salti mortali tra le impostazioni della privacy.
La cosa assurda del successo di Facebook è, a mio giudizio, che tutti vedevano myspace come un social stupido per adolescenti che si facevano le foto dall’alto. Invece Facebook è stato accettato da tutti, è sembrato a tutti il fratello maggiore serio di Myspace, quello che non fa lo scemo. Perché il profilo non è pieno di immagini, che sono poster virtuali in camerette di teen, perché non c’è un nickname, che è il nomignolo che ci si da tra ragazzini, perché non finisci a conoscere gente assurda che sta dall’altra parte d’Italia. Ma il fatto è questo, Myspace in definitiva si faceva meno i cazzi tuoi, gli interessava semplicemente sapere che musica ascolti. Potevi darti un qualsiasi nick del cazzo. E poi ad esser sinceri a chi gliene fotte di mantenere i contatti con un vecchio compagno di liceo berlusconiano, con i soldi che gli escono dal culo, e che va a puttane con la macchina del padre. La rete dovrebbe permetterci di allargare i nostri orizzonti, conoscere persone al di fuori del nostro recinto sociale, se invece la usiamo soltanto per mantenere la nostra cerchia di amici fidati allora ci ghettizziamo e non mi pare il modo migliore di sfruttare l’enorme potenza della rete. Il punto è questo: le persone sono anche input culturali, tramite loro conosciamo nuova musica, nuovi libri, nuovi film. Dietro ogni blog, magazine e rivista c’è una persona. Un profilo di Facebook può essere anche uno spazio in cui ci informiamo, in cui curiosiamo alla ricerca di nuovi spunti. Non deve essere per forza un contatto fisso, possiamo considerare una persona come la pagina di un blog di tendenza. Certo che se questa dimensione si mischia con quella del privato sono, volgarmente parlando, cazzi. Se su myspace avevamo il completo controllo del nostro profilo, con l’arrivo del tag ci sono altri che ci controllano e molto spesso rivelano lati di noi che volevamo tenere nascosti. Il tag non è altro che un controllo che attuiamo a vicenda, ci smascheriamo a vicenda ma, come dicevo prima, chi sono stati gli utenti che hanno manifestato questo bisogno? Sono mai esistiti?
31 Maggio 2012