La pancia del popoloÈ sempre l’ora di un «panigaccio»

«Panigacci! Panigacci!». È sventolando questo buffo nome come una bandiera che il mio solito – leonino – appetito preprandiale ha oggi placato la sua sete di scarifici. Evitando gli sconci panini ...

«Panigacci! Panigacci!». È sventolando questo buffo nome come una bandiera che il mio solito – leonino – appetito preprandiale ha oggi placato la sua sete di scarifici. Evitando gli sconci panini del più celebre dei fast food che ha un punto vendita lì accanto, saltando di piè pari l’ancestrale richiamo del Kebab che pure nella stessa strada viene celebrato da due insigni rappresentanti, via Armatore Sciesa, a Milano, mi ha regalato una gradita sorpresa: Panigacci, Testaroli & Imbottiti.

Che posto via Sciesa! Dimenticata passeggiata laterale alla ben più nota Piazza Cinque Giornate, parallela alla nobile e trafficata via Montenero, questa viuzza scorre tranquilla tra il principio di corso XXII Marzo e via Spartaco. Come solo a Milano può succedere, in mezzo a metri quadrati di anonimo cemento e palazzoni troppo chic per condividere la loro bellezza con le strade circondanti, Armatore Sciesa racconta una storia completamente diversa, fatta di locali vivaci e colorati (Il Frutteto di Viel, MilanoEtnica), bar intraprendenti (il mitico Giorgio offre panini tanto succosi che deve pulire la saliva degli avventori sul bancone) chioschi dove rifocillarsi con ogni bendiddio e studi di design. È la via dello IED, che espande i suoi loft e laboratori per tutta la lunghezza dell’isolato e ha la sede centrale in un gigantesco palazzone pittato di viola e giallo con un meraviglioso cortile alberato. Un tempo zona depressa, oggi Armatore Sciesa è la piccola Tribeca di Milano.

È di fronte all’ingresso dello IED che mi faccio vincere dai «panigacci». Conquistato dal suono godereccio di questa parola e dal profumino di impasto appena cotto, entro nel piccolo locale di Panigacci, Testaroli & Imbottiti curiosando al di là del bancone. È un ambiente minimo e minimale, ma caldo e familiare. Mi accolgono i proprietari che armeggiano con quello che pare una piastra per cialde di ghisa. Sono perplesso – le dico – perché vorrei ordinare, ma non ho la più pallida idea di cosa vedrò recapitarmi nel piatto. Sorridono. E spiegano che i panigacci sono la migliore risposta tosco-ligure allo strapotere delle varie piade e piadine romagnole, originari della Lunigiana e del Levante ligure. Sono simili alla tigella, ma più sottili e croccanti, meno pastosi e assai più leggeri, fatti soltanto di acqua, farina e un pizzico di sale. Un tempo venivano cotti in testi di terracotta (terrine piane e poco fonde) impilati l’uno sull’altro e poi arroventati sulla brace o nel camino. Si racconta che abbiano un’antichissima origine, risalente alle tradizioni romane. Che si mangiano asciutti con formaggi e salumi, oppure – come hanno deciso di farli nel loro locale – possono essere ottimi panini imbottiti.

La fame e la storia dei panigacci hanno ormai vinto ogni mia resistenza. Mi avvento su un panigaccio chiamato «Snoop Dog», ripieno con mortadella, uova sode, insalata, provolone piccante e salsa tartara: giusto per stare leggeri. Risultato? Buonissimo. I due panigacci che compongono le fette del panino sono cotti al momento e sprigionano una fragranza dolce, di pane appena sfornato. Gli ingredienti sono freschi, la mortadella tagliata sul momento e il provolone piccante produce in me uno scioglievolezza che manco i Lindt al ciccolato extra fondente. Avanti con il secondo. Prendo un panigazzo più classico: mozzarella, pomodoro, basilico e funghi. Anche qui il gusto leggero del pane esalta la farcitura.

«La ricetta originale vuole che i panigacci non siano lievitati», spiega uno dei proprietari, «ma noi abbiamo deciso di aggiungere un pizzico di lievito all’impasto per renderli più morbidi e farne un piatto che si può consumere velocemente». «Li cuociamo in piastre di ghisa e li farciamo con prodotti freschissimi. Non è facile fare un panigaccio, bisogna conoscere la giusta temperatura in cui far cadere l’impasto nella piastra e poi aumentare moltissimo la fiamma». Perché i panigacci sono uno dei pochissimi impasti al mondo che cuociono in pochi minuti, mantenendo comunque una ottima digeribilità.

Come dice il nome stesso del locale, la seconda specialità del posto sono i testaroli. Si tratta di panigacci più grandi e sottili, tradizionali della zona di Pontremoli. Vengono cucinati in due diverse maniere. La prima versione li vede cotti su testi più grandi fino a che non sono croccanti come sfoglie: si mangiano farciti a mo’ di piadina. Mentre nella seconda versione vengono bolliti, tagliati grossolanamente e serviti nel piatto con il loro sugo: pesto, olio e pecorino, o sugo di funghi.

Concludendo, Panigacci, Testaroli & Imbottiti è un piccolo locale dove assaggiare specialità regionali altrimenti difficili da trovare, un take-away di qualità ottimo per diversificare la pausa pranzo e lasciare per una volta pizza e kebab al loro posto. Non ultimo, si mangia bene e si spende poco: in media 3,5 euro per panigaccio e 4 barra 6 euro per testarolo.

Giudizio de La Pancia del Popolo: Yumm!

Photo credits: Panigacci Testaroli & Imbottiti

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