WildItaly.netI politici al microscopio: Walter Veltroni.

Diplomato, nel 1973, all'Istituto di stato per la Cinematografia e la Televisione, entra in politica tre anni dopo il diploma, quando diventa consigliere comunale per il Pci a Roma. Vicepremier e M...

Diplomato, nel 1973, all’Istituto di stato per la Cinematografia e la Televisione, entra in politica tre anni dopo il diploma, quando diventa consigliere comunale per il Pci a Roma. Vicepremier e Ministro dei Beni culturali nel 1996 sotto la Presidenza di Prodi. Segretario dei Ds dall’ottobre del 1998, all’aprile del 2001. Si candida a sindaco di Roma nel 2001 e vince ben due mandati (il primo, battendo Alemanno; il secondo, battendo ai ballottaggi – nel 2006 – Antonio Tajani).

L’8 gennaio 2006, negli studi di Che tempo che fa di Fabio Fazio, Veltroni dichiara senza indugi: «Il mio futuro personale dopo l’esperienza a sindaco di Roma? Prevedo la chiusura della mia esperienza di politica attiva ed istituzionale. L’Africa o qualcosa di simile: l’importante, per me, sarà continuare una missione civica. E non ridurre la vita ad una carriera politica. Sono affascinato, quasi ossessionato da un’idea: una bellissima uscita di scena. Non penso affatto di propormi come il futuro leader del centrosinistra. Fare il sindaco di Roma è un’esperienza esaltante e continuerò a fare quello. Io successore di Romano Prodi alla guida del centrosinistra? Posso senz’altro escluderlo, anche perché stiamo parlando di una cosa che riguarda un futuro lontano, da qui a cinque anni […] E’ sicuro che io non ci sarò: se farò il sindaco nei prossimi cinque anni, alla fine di questo secondo quinquennio io avrò concluso la mia esperienza politica. Perché non bisogna fare la politica a vita: bisogna continuare a fare le cose nelle quali si crede facendo altro. E ci sono tante cose che si possono fare. Io so che, quando dico questo, tutti mi guardano dicendo: “Eh, guarda che furbacchione, dice così ma non è vero…”. Ne parleremo tra cinque anni, vedremo fra cinque anni se sarà vero o no ». Tali intenti, li confermerà pochi mesi dopo – l’8 ottobre – sempre nel salotto di Fazio.

Nel 2008 – un anno e mezzo dopo la dichiarazione sopracitata – ci ripensa, si toglie la fascia di primo cittadino e si candida alle primarie per la leadership del Pd, vincendole con il 76% delle preferenze. Dopo la caduta del Governo Prodi 2, è l’unico che impronta la campagna elettorale riuscendo a non chiamare mai Berlusconi per nome (il famoso “principale esponente dello schieramento a noi avverso”). Un fallimento colossale.

Sulla caduta del Governo, l’ex Presidente Prodi – nel marzo del 2009 – avrà modo (ancora una volta a Che tempo che fa!) di precisare che: «Il mio esecutivo poteva andare avanti, perché dopo una Finanziaria durissima il Paese avrebbe finalmente potuto raccogliere i frutti di quei sacrifici. E invece, come successe anche con il mio primo esecutivo, dopo l’ingresso nell’euro, il governo è stato fatto cadere».

Prodi quella sera rievoca l’esatto momento in cui le sorti dell’Unione sono precipitate improvvisamente. La scintilla, la goccia che fa traboccare il vaso, è l’annuncio di Veltroni, da poco eletto segretario del Pd, di andare soli alle elezioni, senza Rifondazione, senza ulteriori alleati che non fossero le truppe dipietriste. Alla domanda di Fazio su cosa pensò in quel momento, il Professore risponde: «Non ebbi bisogno di pensare. Ricordo che si affacciò Mastella alla porta del mio ufficio a Palazzo Chigi. Teneva la testa piegata da un lato e urlò: se voi volete fare fuori me, sono io che faccio fuori prima voi. Per la verità la frase di Clemente era un po’ più colorita, ma la sostanza non cambia […] la linea politica adottata da Veltroni nel partito non era la mia e per questo mi sono fatto da parte».

Dimessosi nel febbraio 2009 dal vertice del partito – dopo aver perso l’Abruzzo, la Sardegna e altre competizioni elettorali locali – attualmente fa parte della Commissione Antimafia e pare che voglia ritentare la scalata al vertice del partito. Lo si ricorda nel 1985/87 per non essersi praticamente opposto da responsabile PC per le Comunicazioni di massa, come ampiamente documentato da Michele De Lucia nel suo “il Baratto”, al passaggio dei famosi Decreti Craxi (chiamati anche “Decreti Berlusconi”) che legalizzavano il monopolio televisivo illegale di Berlusconi, permettendogli di trasmettere su tutto il territorio nazionale.

Breve antologia di uno stupidario degno di lode:
Per spiegare che cos’è la politica ho pensato di costruire un modello nuovo, che alternasse testi, immagini, spezzoni di film. Ci sono cose molto diverse, da Charlie Chaplin a Gandhi, da Martin Luther King a Craxi (!!!), e poi c’è una scena da <<Bobby>>, un film bellissimo su Robert Kennedy […] Il Craxi di Sigonella, quello che difende l’autonomia del nostro Paese, di una politica che assume un respiro internazionale. Non a caso l’ho messo accanto a De Gasperi ” (Corriere della Sera, Bologna, 8 febbraio 2006)

Bettino Craxi (!!!) e Ugo La Malfa ebbero il coraggio di spostare in avanti il loro mondo sfidando anche l’impopolarità: questi sono gli uomini più grandi perché hanno contribuito a trasformare il Paese” (Il Sole 24 Ore, 29 febbraio 2008)

Come non dimenticare poi la strenua difesa in cui si lanciò per proteggere Ricucci, i vertici Ds e Caltagirone, dopo l’uscita dei verbali sui giornali che inchiodavano questi “furbetti del quartierino”:

Vorrei sapere perché riemergono, due anni dopo, le dichiarazioni di personaggi come Ricucci, volte a spargere veleno su persone che onorano la vita istituzionale del nostro Paese e la vita economica della mia città e del mio Paese” (17 giugno 2007)

Nei confronti del “principale esponente dello schieramento a noi avverso”, c’è da rimanere allibiti:

Ci sono poi anche le abitudini degli utenti, consolidate in anni di utenza televisiva, che non possono essere ignorate” (1984, riferendosi ai Decreti Craxi e al possibile oscuramento delle reti di Berlusconi)

Intendo rivolgere a Berlusconi due complimenti sinceri, di stima. Il primo per la sua capacità di imprenditore che è riuscito a ‘inventare’ un settore. Il secondo complimento va alla sua capacità di aver imposto, attraverso un alto grado di egemonia, i tempi della decisione politica in un settore così delicato come quello nel quale opera” (in un’audizione alla Commissione cultura alla Camera per la votazione sulla Legge Mammì, chiamata anche “Legge Polaroid”, 1990)

Il governo Berlusconi ha sbagliato tanto, ma ha fatto anche cose giuste come la patente a punti […]nella riforma costituzionale poi bocciata dal referendum c’erano cose ragionevoli” (29 giugno 2007)

MATTEO MARINI
per Wilditaly