Il tallone d’Achille – Reportage di quattro italiani in GreciaLe proposte ai lavoratori greci: otto ore alla settimana per 150 euro al mese

Atene, primo maggio 2012. La luce della mattina trova le strade vicino a piazza Exarchia semi deserte. Eccetto pochi irriducibili seduti ai tavolini dei pochi bar aperti a bere frappe e fumare siga...

Atene, primo maggio 2012.

La luce della mattina trova le strade vicino a piazza Exarchia semi deserte. Eccetto pochi irriducibili seduti ai tavolini dei pochi bar aperti a bere frappe e fumare sigarette, gli ateniesi sembrano intenzionati ad approfittare di questo giorno di vacanza per dormire. Ma verso le dieci eccoli, alla spicciolata, incamminarsi verso il Politecnico.

È questo lo storico simbolo della lotta contro la giunta dei Colonnelli, che ne abbatterono i cancelli nel 1973, ed è da qui oggi che si muoverà uno dei tanti cortei di oggi. L’intersecarsi e accavallarsi dei cortei nel corso di questa giornata è infatti il risultato della balcanizzazione della sinistra greca.

La principale divisione è quella tra il Pame e gli altri sindacati, che riflette quella esistente fra il partito comunista e le altre forze della sinistra. Il Pame terrà la propria manifestazione davanti a un’acciaieria della Kalivourghia Ellados, in un paese alla periferia di Atene, dove gli operai sono al sesto mese di occupazione. I lavoratori della fabbrica han dato il via allo sciopero quando il management ha annunciato che avrebbe ridotto i salari del 40 per cento, intraprendendo nel frattempo un grosso investimento per la costruzione ex novo di un porto nelle vicinanze della fabbrica. “Prima ci tagliano i salari dicendoci che è per salvare la fabbrica dalla chiusura, poi effettuano enormi investimenti: è ovvio che ci hanno mentito” ci spiega il leader del movimento, Pavlakis Athanasios.

Nel frattempo dall’altra parte di Atene anche gli operai del nuovo millennio, i lavoratori dei call center, rischiano l’ arresto per difendere il posto di lavoro. All’azienda Phone Marketing, gli impiegati scioperano sotto la bandiera del Pame dai primi giorni di aprile rivendicando tre mesi di lavoro non pagati. “I padroni dicono”, racconta una ragazza bruna sui quarant’anni “che a causa della crisi i clienti non pagano e quindi non possono darci i nostri salari. Non vogliamo nulla di più di quanto non ci spetti.” Poi aggiunge “All’inizio ci avevano proposto di lavorare otto ore alla settimana per centocinquanta euro al mese, ma non si può vivere così, come si può mantenere una famiglia?”

Mentre all’acciaieria il Pame protesta chiedendo la reintegrazione dei salari, davanti al Politecnico la folla aumenta, radunandosi attorno a grandi casse da cui esce musica greca intervallata da arringhe: “Lavoratori e lavoratrici …”In questa piazza si stanno radunando le frange più radicali della sinistra greca e gli anarchici. “da anni il KKE (il partito comunista greco) assieme al PAME non partecipa al primo maggio con le altre forze sindacali e partitiche. Vogliono isolarsi e rafforzarsi per poter piazzare i loro uomini nelle gerarchie dei sindacati.” È la spiegazione di una militante presente. E il PASOK, il partito socialista che ha diviso il governo con ND dalla caduta dei colonnelli? “Non manifestano mai con noi, hanno paura dei pomodori!” ci racconta una ragazza al Politecnico, mentre distribuisce i volantini.

Lentamente il corteo comincia a muoversi verso piazza Syntagma, sede del Parlamento, mentre i cori anti-troika riecheggiano fra gli striscioni. I poliziotti antisommossa rimane nascosta nelle vie laterali, aspettando il momento di intervenire. Le loro divise sono verdi, le armature nere, i visi giovani. Le teste sotto i caschi, in parecchi casi, sono rasate: dicono che nelle selezioni venga considerato anche l’orientamento politico.

Quasi arrivati alla piazza del Parlamento, c’è l’incontro con un altro corteo. È quello che raccoglie la sinistra più moderata, espressione dei sindacati pubblici e dei “burocrati”. Con loro chi è partito dal Politecnico vuole avere poco a che fare, ma l’approdo a Syntagma è unito. I manifestanti sfilano ordinatamente davanti al Parlamento, presidiato solo da pochi poliziotti. Davanti ai soldati che eseguono il cambio della guardia, alcuni innalzano i cartelli: “No ai fascisti nel parlamento”, alludendo alla crescente probabilità che il partito d’ estrema destra Golden Dawn possa avere dei seggi a livello nazionale.

L’aumento di popolarità del partito preoccupa molti ad Atene ed in tutta la Grecia. Ma è nella capitale che è i neonazisti fanno più paura: non sono pochi i casi in cui squadre di membri o simpatizzanti di Golden Dawn hanno picchiato o ucciso immigrati. Di recente ci sono state pressioni per aprire una commissione d’inchiesta per verificare che i casi di aggressione razzista siano propriamente registrati, cosa che si teme non avvenire. Molti sperano che anche qui ad Atene i neonazisti vengano siano rigettati come accaduto a Creta pochi giorni fa e come sta accadendo in paesini noti per la esistenza partigiana ai tempi dell’ occupazione nazifascista, come fosse una reazione immunitaria.

Ma è proprio davanti al Parlamento che iniziano le prime tensioni, con una piccola esplosione. Un gruppo di giovani quasi tutti sotto i vent’ anni si raduna attorno a un gabbiotto, lo spacca e vi da fuoco. Scene simili si ripetono per il resto del percorso nelle vie laterali. Pochi e disorganizzati, in Italia li avremmo bollati come black blok. Lanciano sassi e piccoli ordigni esplosivi verso le colonne della polizia che fiancheggiano il corteo. Volto coperto da maschere antigas e magliette, colpiscono e si nascondono subito dopo all’ interno del corteo pacifico. Divelgono e danno fuoco ai banchetti dei partiti, strappano dai muri i manifesti elettorali, ma la polizia dimostra nervi saldi mantenendo la posizione sotto la sassaiola: le elezioni sono vicine e si vogliono evitare scontri.

Arrivato in piazza Omonia il corteo si disperde. Sono le due ed il sole ormai alto ma è l’ ora del tramonto per una manifestazione poco partecipata e che non ha che il ricordo dei massicci scontri che hanno avuto luogo nelle stesse vie nei mesi precedenti. Ognuno torna a casa propria, sperando che la crisi non gli porti via anche quella.

(di Marco Nicola Binetti)

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