Lavorare con i social media è oggi sogno di molti, nativi o meno, che pensano ad un futuro roseo seduti dietro il computer o in giro con l’I-Pad a twittare e gestire Fan Page scrivendo qualche slide e qualche post. Niente di più sbagliato. Oggi lo specialista di social media è una figura che deve accorpare più competenze trasversali per poter sopravvivere all’interno di un contesto lavorativo frenetico in perenne mutamento. Dal lato aziendale, aumentano le realtà che approcciano questi spazi, lanciandosi spesso senza cognizione di mezzo e di causa. Oggi non c’è niente di più sbagliato del “vogliamo tutto e subito”, cavalcando l’onda social senza prima riflettere sui potenziali flussi di ritorno. Come recentemente appurato, buttarsi a dirotto su trend topic con messaggi di cattivo gusto, troppo commerciali, banali, è potenzialmente devastante anche per aziende grosse e importanti, materiali e immateriali. I rischi e le possibilità di queste piattaforme devono essere ben chiari, come, al contempo deve essere ragionata e paritaria la relazione con gli utenti. Franchi tiratori non aspettano altro, nascosti in agguato, pronti ad esporre in pubblica piazza l’epic fail per farne una case study, con tanto di gogna mediatica seguita da scuse ufficiali e scarica barile redazionale.
- Un contesto frammentato: domani nascerà sicuramente un nuovo Pinterest e forse un nuovo Facebook. Mark Zuckerberg potrebbe perdere tutti i capitali o semplicemente stufarsi e, per vezzo suo o della moglie, chiudere la baracca. Personalmente non credo a queste ultime possibilità, però è bene ricordarsi che la piattaforma è sua, quindi privata, non un bene pubblico. Il traffico in entrata al sito web sta cambiando, assieme alle metriche d’analisi, influenzate dai social media e dalle condivisioni, alimentando quella sharing economy che Facebook ha recentemente intensificato con post sponsorizzati, in base ai like che la pagina possiede (5 dollari per raggiungere 1.200 persone, 20 per 4.600). Al contempo la sfida con Google si sposta sul mobile, i cambiamenti sono dietro l’angolo e un nuovo browser per sfidare Chrome è già in fase di studio.
- Multidisciplinarietà: Le competenze devono essere coltivare ogni sacrosanto giorno. Gestire i social media è solo una piccola, infinitesima, parte della “scatola” Social Media Marketing. Materia fuffosa che nella sua indeterminata liquidità vede al suo interno più attitudini, mansioni e competenze: dalla gestione social al Seo, dal copywriting all’analisi di google analytics, dalla formazione al commerciale, ecc. Alcune certezze ci sono: le metriche sono sempre più rilevanti per elaborare strategie, i report pure per comunicare con le aziende e l’organizzazione, non è mai stata tanto importante, per valutare il tempo trascorso al lavoro e gestire il caos creativo.
- Un lavoro ipercompetitivo: La collaborazione è fondamentale ma la competizione domina. Il lavoro del “social wannabe” è dinamico ma precario, a meno che, non si riesca ad ottenere quel contratto o mettere assieme quella start-up che gira la ruota per un certo periodo. Fuori c’è una fila di persone scalpitanti pronte a prendere due lire per lavorare (imparare) senza avere la percezione di farlo. L’aumento dell’offerta nel settore, la propagazione dei media sociali, le nuove necessità aziendali e l’incredibile accesso in entrata a basso costo e, apparentemente, a bassa responsabilità, hanno determinato un esponenziale aumento dei “social wannabe”. Specialisti, o che si professano tali, che ambiscono a lavorare e sviluppare business digitali, ma soprattutto prendere il vostro posto superando il vostro klout score a suon di follower, magari pagandoli.
In un contesto complesso e accelerato la creatività e l’aggiornamento continuo diventano determinati. Valori manageriali, al pari di affidabilità e dedizione, necessari per sfruttare appieno, ogni giorno, i nuovi strumenti che la tecnologia mette a disposizione. Capacità come anticipare, ascoltare, creare e connettere diventano nuovi paradigmi di differenziazione.