Il marchese del GrilloCassano non c’entra, la colpa è tutta degli intellettuali

Ci capisco nulla di calcio. A malapena distinguo un calcio d’angolo da un fallo laterale. Il fuorigioco nemmeno a parlarne. Seguo la nazionale, ogni tanto un po’ annoiato sfodero un libro da legger...

Ci capisco nulla di calcio. A malapena distinguo un calcio d’angolo da un fallo laterale. Il fuorigioco nemmeno a parlarne. Seguo la nazionale, ogni tanto un po’ annoiato sfodero un libro da leggere e ascolto la telecronaca di sottofondo. Ma la seguo con passione, ogni goal segnato è una piccola soddisfazione. Ho provato una comprensione profonda per Clio Napolitano che, stretta la mano a Platini, ha beatamente chiesto al marito chi fosse quel signore un po’ calvo e grassoccio che le si era avvicinato. So che il ct dell’Italia si chiama Prandelli ma non saprei consigliargli se scegliere Balotelli o Di Natale per l’attacco di domani. Ben inteso, di questi piccoli fatti sono a conoscenza solo e soltanto attraverso i commenti in rete, i telegiornali delle 20, mai mi sognerei di tentare l’ermeneutica di una conversazione tra moviolisti su Raisport. E’ fuori dai miei schemi.

Cecchi Paone è sempre il solito, la volgarità brandita per sconfiggere il tabù dell’omosessualità nel calcio. Gridare ai quattro venti che in nazionale son stati convocati due gay e un bisessuale potrà valergli un giorno in più sotto i riflettori ma allontana di molto il successo della sua stessa causa. Perché fare coming out (ammettere agli altri la propria omosessualità) è un’esperienza difficile che va affrontata con delicatezza. L’outing (spifferare a qualcuno l’omosessualità di un altro che non vuole farlo sapere) è una forma di violenza inaudita, pettegolezzo di bassissimo livello. Come si sconfiggano i tabù è scontato, il pettegolezzo genera altro pettegolezzo e serve a nulla se non a riempire le pagine dei rotocalchi da parrucchiere. Un intellettuale del suo livello dovrebbe saperlo.

Cassano, all’opposto, è un ragazzo semplice, venuto su dal nulla. La cultura non lo aiuta, il mondo semplificato agli estremi. Non gli passa nemmeno per la testa di calcolare il peso di ciò che dice, parla con tutti allo stesso modo, l’allenatore, la stampa, i compagni di spogliatoio. La possibilità che da lui possa giungere conforto alla difesa dei diritti civili è minima. Non vale la pena indignarsi per le sue uscite scorrette. Quell’ “io spero che non ci siano froci in nazionale” suona più come una precauzione di sicurezza che un’ammissione inconsapevole di omofobia. Sia mai che qualche compagno maldestro possa zompargli addosso.

Il vociare cavernoso dei giornalisti in sala è ben più grave. Non un moto di stupore, soltanto risate. Tante. A crepapelle. Il loro machismo sviscerato fino al midollo. La loro cultura riposta in soffitta, dimenticata. Come Cecchi Paone, lo scienziato da strapazzo che butta via la sua battaglia mediatica pur di raggiungere un posto al sole. Son loro che andrebbero presi di mira, altrochè.

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