Nello scorso post ho scritto di come il “mi piace” di Facebook ha cambiato il nostro modo di interagire con i contenuti della rete, di come esso stia sempre più appiattendo la nostra capacità di pensiero ed elaborazione. Oggi voglio parlare di come il “like”, oltre a sedare lentamente la nostra capacità di giudizio, sia anche concretamente un mezzo di controllo delle aziende e della rete nei nostri confronti.
Prima di tutto sappiate questo: ogni volta che visitate una pagina di Facebook diventate ospiti di un cookie, che diventano due nel caso in cui siete registrati su Fb. Grazie a questi cookie viene attivata la tracciabilità, ad esempio se cliccate su “mi piace” la vostra attività viene registrata con data, ora ed un codice identificativo assegnato al computer. Tutti i dati ricavati dalle vostre navigazioni rimangono attivi per un mese e mezzo. Questa enorme banca dati fa gola a tutte le agenzie di marketing. Quando qualcuno dice la puttanata, perdonate il francesismo, che Facebook diverrà a pagamento dice un assurdo. Dovrebbero anche farci pagare quando noi veniamo costantentemente osservati? Quando noi forniamo dati su dati ad aziende? Già soltanto il fatto che sulla colonna a destra della home di Facebook appaiono banner a seconda delle vostre preferenze, dovrebbe farvi pensare.
La rete si regge su di un grande compromesso tra utenza e siti che offrono servizi. Loro ci danno le informazioni che cerchiamo, le selezionano nel mare infinito del web e ci danno quelle di cui necessitiamo, noi in cambio gli diamo infiniti dati sensibili. Se ci chiedono anche di pagare ce lo mettono in quel posto due volte di fila.
Facebook è un mezzo così importante per ogni sito che sono loro a cercarti, ognuno crea una pagina all’interno del social media. L’utente medio difficilmente naviga fuori da Fb, che sta diventando più un internet browser che un semplice social network.
Recentemente è arrivato Pinterest, ennesimo social media in cui però si condividono immagini e non contenuti. Tramite di esso ognuno costruisce un proprio immaginario. Le immagini possono essere caricate dagli utenti, prese da altri utenti oppure caricate dai siti che visitiamo. Quest’ultima possibilità è la più interessante, tramite di essa le aziende possono osservare come noi ci muoviamo nella rete intera, al contrario di Facebook in cui sono i siti ad entrare nel social in Pinterest succede il contrario. E’ l’utente che porta contenuti dalla rete al social.
Quando chiudono siti di filesharing, rendono illegali software per passarsi file peer-to-peer non dovremmo abbassare così velocemente la testa, dire che si hanno ragione è illegale fare certe cose. Prima di farlo dovremmo guardarci alle spalle e vedere chi già ci in…, vabè avete colto l’ultimo francesismo.