Immaginate una festa di paese, una delle tante che animano le calde serate di questa strana primavera. Un tendone, alcune persone ballano, altre chiacchierano, altre ancora stanno terminando la loro cena in compagnia a base dei piatti della ricca tradizione culinaria italiana. Mi siedo e noto una cosa per me inusuale: nessuno guarda il cellulare se non per effettivamente rispondere al telefono o a un sms, cosa che, a onor del vero, capita davvero raramente. Nessuno ha bisogno di consultare quell’ultima imperdibile informazione o di guardare Google Maps per sapere dove sta andando.
Eppure anche qui i media ci sono, una televisione fa capolino dalla finestra della casa vicina, come accade tipicamente nelle sere estive in cui le finestre sono aperte, gli articoli di cronaca del giorno hanno fatto discutere, così come quello che è stato “detto dalla televisione”. E scommetterei che nei discorsi degli adolescenti qualche cenno a Facebook non manca.
Rispetto alla vorticosa città in cui lavoro e ai ritmi, i discorsi, alle abitudini di utilizzo dei media che mi passano quotidianamente sotto gli occhi è un mondo diverso nonostante la distanza geografica sia davvero piccola.
Parte della mia passione per i media, e in particolare per i social media, nasce proprio dalle profonde differenze in quella che coloro che si occupano come me di ricerca sui media chiamano la “dieta mediale”, ovvero il fatto che ciascuno, proprio come si combinano gli alimenti nei diversi pasti della giornata, utilizzi in modo personale i media, vecchi e nuovi, in funzione di una molteplicità di fattori diversi. Non si tratta però di contrapporre utilizzatori e non utilizzatori, poiché la stratificazione è molto più complessa ed è influenzata da molte variabili.
La domanda resta quindi quella di uno dei grandi paradigmi che chi studia sociologia della comunicazione conosce bene, ovvero “cosa fanno le persone con i media?”. Non credo esista una risposta univoca, ma un collage di tante risposte che formano un quadro a volte coerente e a volte contraddittorio in base al tipo di territorio che si sta indagando.
Partendo da ciò che vedo ogni giorno navigando in rete, ma anche attingendo a ricerche e prendendo spunto dalle teorie dei pensatori che continuo a studiare (ma non temete, senza termini astrusi), la sfida che vorrei portare avanti con questo blog è quella di provare a guardare la “Galassia Zuckerberg” in cui i social network ci hanno proiettato con uno sguardo critico, nella duplice accezione kantiana di valutativo e fondativo. E magari dare qualche spunto per provare a viverla in modo diverso.