Può essere poco più di una curiosità statistica. Del resto, le stime sulla crescita di un Paese sono approssimative per definizione. Fatto sta che sulla crisi greca il Fondo Monetario Internazionale non ci ha mai preso. E la cosa interessante è che ha sempre sbagliato per eccesso di ottimismo.
Se si analizzano i World Economic Outlook pubblicati dal Fmi dal 2006 ad oggi, è evidente che il Fondo guidato da Christine Lagarde ha sempre dovuto vedere al ribasso le sue previsioni, che a 21 mesi risultavano significativamente più alte di quelle a 9 mesi. E queste ultime, a loro volta, si rivelavano sbagliate: la realtà greca si è sempre dimostrata peggiore di quella disegnata dagli esperti di Washington.
Non è che sull’Eurozona nel suo insieme, e su altri Paesi periferici come l’Italia e la Spagna, il Fondo Monetario Internazionale sia stato preciso come un orologio svizzero. Quantomeno però non ha sbagliato a senso unico.
Predire il futuro non è un compito semplice. Ma la tendenza a puntare alto sulla Grecia sembra più che altro rafforzare la convinzione che negli uffici del Fmi non si sia ben capita la natura della crisi ellenica, e si sia guardato con mal riposta fiducia agli effetti taumaturgici della misure di austerità che da Washington e Francoforte sono state imposte ad Atene.
Dal Fondo hanno sempre fatto sapere che a sbagliare non sono loro ma i governi greci, poco solleciti nell’attuare i provvedimenti concordati con la Troika (Bce, Ue, Fmi). È l’eterno dibattito tra keynesiani e rigoristi di varia estrazione.
Mentre la discussione prosegue, Christine Lagarde potrebbe chiarire alcune cose sulle stime per il 2013 diffuse nell’ultimo World Economic Outlook. A quanto sembra, la caduta libera del Pil di Atene dovrebbe finire.
I suoi analisti avevano preso in considerazione il fatto che la Grecia sarebbe passata per le elezioni, oppure, ancora una volta, si aspettavano di avere a che fare con un Paese ben addomesticato?
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