C’era una volta un piccolo re. Il piccolo re governava un piccolo regno alla periferia dell’impero. Dopo tanti anni di malgoverno e corruzione si era fatto molti nemici – oppositori interni, regnanti di altre nazioni, ex amici – che alla fine lo scaricarono. Prima di allora, però, il piccolo re resistette ai suoi nemici con tutti i mezzi, leciti e illeciti.
Il re aveva un metodo buffo di mettere a tacere i suoi nemici. Li faceva pedinare dai suoi sgherri, raccoglieva informazioni sui loro lati oscuri, li minacciava, li ricattava, a volte li metteva alla berlina in pubblico. A cercare bene, qualche magagna usciva sempre fuori, oppure magari la si confezionava. Una casa comprata a prezzi stracciati, una relazione extra-coniugale, un’inclinazione gay sottaciuta. Tra i suoi sudditi, peraltro, non mancavano rivalità, gelosie e maldicenze, un serbatoio di notizie a cui attingere a piene mani per costruire, pian piano, una archivio del ricatto. “Tu mi fai pedinare!”, gli sbottò una volta in faccia un attendente in odor di tradimento. Anche i suoi nemici, peraltro, iniziarono a usare lo stesso metodo buffo, raccolsero e propalarono notizie imbarazzanti sulla sconsiderata vita notturna del piccolo re che, alla fine, se ne andò.
Non prima, però, di avere innescato una guerra di denigrazioni nel piccolo regno e nei suoi dintorni. Nel regno c’era anche un’enclave di monaci. Per lunghi anni tra l’enclave e il sovrano i rapporti furono cordiali. Poi anche tra i monaci crebbero perplessità e diffidenza. E spuntò qualche critica. Gli sgherri del re usarono, di nuovo, il metodo buffo di calunniare i nemici che erano usciti allo scoperto, minacciare chi covava il tradimento, stanare le fronde… L’archivio del ricatto era esteso, ben fornito, continuamente aggiornato da informatori più o meno consapevoli, più o meno incolpevoli. Qualcuno, tra i monaci, accennava una critica al sovrano, e dalla reggia filtravano accuse infamanti: “Quello è pedofilo, quell’altro ruba, tizio fa amicizia sottobanco con i nemici del regno, caio non sa governare l’enclave…”. E via dicendo. La guerra delle maldicenze, una volta innescata, non si fermò. Neppure quando il piccolo re se ne andò. Dai fondi dell’archivio continuarono a defluire carte e documenti utili per regolare conti in sospeso che ormai poco o nulla avevano a che fare col piccolo re. E fecero sprofondare il piccolo regno e l’enclave dei monaci in una torbida guerra per bande. Ma per fortuna, caro lettore, questa è solo una favola molto, molto fantasiosa.