di Paolo Bardelli
LA TRAMA
Il pallone non è gioia, sorrisi o divertimento. Quelle sono stronzate per spot. Il calcio è un’altra cosa, c’è tutta la vita dentro, assomiglia molto più ad una guerra che ad una danza. Soprattutto quest’oggi, dato che non si sono incontrate Argentina e Brasile, tango e samba, ma due nazioni capaci di portare avanti una guerra talmente logorante e pallosa da avere un nome che le attribuisce una durata inferiore al reale. Inghilterra e Francia, “Dio salvi la Regina” contro un popolo che sul regicidio ha costruito la propria storia. Io sto con la corona, anche soltanto per il rispetto dovuto ad una donna che è riuscita a tirare avanti nonostante la schiera di dementi che il fato le ha piazzato intorno. Da Filippo a Sarah Ferguson, passando per Carlo e la tanto amata (un giorno qualcuno mi spiegherà perché) Diana, fino ad arrivare a Hodgson. Evidentemente, una nazione impazzita per una Pippa ne desiderava ardentemente una pure in panchina.
Si tratterebbe di big match ma l’atmosfera è dimessa e manca il brivido, complice l’atteggiamento dei due allenatori e del loro prepartita all’insegna del low profile. Prima mezz’ora di calma piatta, rotta solo dai siparietti di D’Amico, che ci ricorda le incertezze in un’uscita di Hart in occasione dei mondiali sudafricani. Non sappiamo se Joe si sia macchiato di misfatti due anni fa, magari traffica diamanti insanguinati, ma non era certamente il numero uno della nazionale in Sudafrica. Si prosegue nel grigiore fino all’apoteosi del luogo comune: l’Inghilterra segna di testa. Gli amici hooligani si riempiono di birra per festeggiare la rete, possono assopire (per poco) la rabbia working class e sognare una nuova Trafalgar, ma un dato immutabile li riporta alla realtà: vivono in una nazione senza portieri. Hart prende un gol fesso da Nasri e si va al riposo in parità.
Si torna in campo e iniziano a succedere cose senza alcun nesso logico. L’agghiacciante telecronaca Rai ci ricorda per l’ennesima volta che Evra ha giocato nel Marsala, Diarra riversa la frustrazione delle banlieue sulle caviglie avversarie, il J’accuse di Nasri che zittisce la panchina inglese, Hodgson fa scaldare Pistone. I francesi, animati da un ritrovato desiderio di grandeur, fingono di fare gioco. L’Inghilterra lascia fare, fregandosene di costruire azioni così come fa con il sistema metrico-decimale, un contropiede ogni tanto ma solo per ricordare al mondo che Rooney non c’è. C’è qualcosa di nuovo nell’aria, anzi di antico: torna il calcio brutto e l’1-1 si trascina fino allo scadere. Furbi i capi di stato delle due nazioni in gioco a non presentarsi allo stadio con la scusa puerile dei diritti umani.
La scena madre
Lo splendido fischio finale.
Man of the match
Alex Oxlade-Chamberlain: impalpabile in campo, dà spettacolo solo con il trattino che unisce un nome da detersivo a quello di un primo ministro conservatore.
RSVP
“Il cinema secondo Hitchcock”, libro-dialogo tra l’Alfred del brivido e Truffaut. Un volemose bene anglo-francese in salsa cinematografica. Cronaca di un pareggio annunciato.