Il Vaticano deve aiutare chi non vede di buon occhio il Vaticano II – vale a dire i tradizionalisti lefebvriani, che Benedetto XVI intende reintegrare ad ogni costo nella Chiesa – a capire che, in fondo, «questo disaccordo non deve essere elemento di divisione né deve impedirci di partecipare alla stessa tavola eucaristica». Il rifiuto di un pezzo fondamentale della tradizione della Chiesa come il Concilio (al quale si deve, negli ultimi cinquant’anni, il progresso nel rapporto con il mondo, con le altre religioni, nella liturgia e in una miriade di altri aspetti) sarebbe quindi qualcosa da inserire nella categoria “divergenze di opinioni”. E infatti: «È possibile avere disaccordi in fatto di teologia pur restando in comunione con la sede di Pietro».
Ciò è molto confortante. Si spera che d’ora in poi su questo stesso metro di giudizio, espresso da mons. Augustine di Noia, eminente teologo domenicano nonché neo-vicepresidente di una importante Commissione pontificia, quella che si sta occupando della reintegrazione degli scismatici ultraconservatori lefebvriani, verranno giudicati teologi, religiose, religiosi, preti e laici che, colpevoli solo di prendere sul serio le istanze nate da quel Concilio e di chiedere una Chiesa più credibile e “vicina”, esprimono il loro «disaccordo». Fino ad ora sono stati criticati, censurati, silurati, scomunicati.
28 Giugno 2012