Non ci sarebbe nulla di cui stupirsi se Fioroni decidesse di candidarsi alle primarie del centrosinistra. La politica italiana è da sempre dominata da equivoci sesquipedali, i partiti della Seconda Repubblica son lì a ricordarcelo. Fioroni è figlio di quegli equivoci. A buon titolo, potrebbe egli stesso essere considerato un equivoco. Un conservatore genuino paracadutato tra i progressisti. E non è un’ eccezione, l’Italia per vent’anni si è divisa nel gioco delle tifoserie contrapposte. La simpatia per un singolo è stata sufficiente a determinare l’intera geografia politica, chi di qua e chi di là. Una barzelletta era lo spartiacque tra destra e sinistra. La forma assurta a dominante: al macero la sostanza, le idee, i programmi.
Chi oggi si infuria con Fioroni sbaglia. Dovrebbe prendersela col Pd, talmente aperto da contenere frange d’oltranzismo, errore che si sta lentamente rivelando mortale, la confusione di valori sempre più corrosiva. Una confusione rinfocolata dalle alleanze a maglie larghissime tanto care all’ala D’Alemiana: un tutti dentro da Vendola a Casini che non ha altro effetto se non aggiungere caos al caos. Come se l’esperienza del Governo Prodi non fosse valsa a nulla.
Anche il centrodestra sceglierà il proprio candidato Premier con le primarie. Nel caso Fioroni avesse proprio voglia di candidarsi lo faccia lì, con loro. Renderebbe un servizio migliore all’Italia.