La Cassazione ha confermato la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione per gli agenti di polizia accusati dell’omicidio colposo del 18enne ferrarese. Grazie all’indulto dovranno però scontare solo 6 mesi.
Subito dopo la sentenza dalla pagina Facebook di Prima Difesa, associazione che difende ad oltranza i membri delle forze dell’ordine coinvolti in situazioni giudiziarie per “causa di lavoro”, si leggono commenti offensivi contro la madre di Federico Aldrovandi.
Commenti, quelli più pesanti, riportati qui di seguito che sono stati poi cancellati poche ore dopo. Il fatto agghiacciante è che gli autori dei commenti sono gli stessi autori che si sono macchiati della morte di Federico.
GLI INSULTI
“La “madre” se avesse saputo fare la madre, non avrebbe allevato un “cucciolo di maiale”, ma un uomo!”. Sono le parole che si leggono su Facebook. Le firma tale Sergio Bandoli sulla bacheca di Prima Difesa Due, l’account dell’omonima associazione che si prefigge la difesa a oltranza delle forze dell’ordine. Nel processo Aldrovandi era presente sia in Appello che in Cassazione, dove ha portato addirittura il legale di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini, a perorare la causa dei quattro poliziotti condannati con sentenza definitiva per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi.“
“Che faccia da culo che aveva sul tg – così descrive la madre orfana del figlio su cui lui e i suoi colleghi hanno rotto due manganelli -… una falsa e ipocrita… spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (il risarcimento da parte dello Stato, ndr) possa non goderseli come vorrebbe… adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie…”
IL CARNEFICE QUERELA LA VITTIMA
La madre di Aldrovandi, Patrizia Moretti, venne querelata da Forlani, uno degli agenti che quel giorno pestarono Federico, perché lo aveva definito “assasino”.
Querelata per diffamazione e istigazione a delinquere. Non è la prima querela che la madre riceve da quando ha aperto un blog per denunciare quanto avvenne a suo figlio il 25 settembre 2005.
LA VITTIMA QUERELA I CARNEFICI
Ora si aprirà inevitabilmente un altro capitolo della vicenda, con la querela per diffamazione che la Moretti ha depositato ieri pomeriggio davanti ai carabinieri di Ferrara. Destinatari Forlani e Bandoli, due dei poliziotti condannati e Cenni come amministratice e responsabile dell’associazione Prima Difesa.
Più di duemila tra simpatizzanti e forze dell’ordine iscritti nel gruppo associazione che “tutela” chi ha è implicato in vicende giudiziarie per “causa di lavoro”. Per l’occasione l’associazione ha scomodato l’avvocato di Berlusconi, Nicolò Ghedini.
„“Prima difesa tutela gratuitamente per cause di servizio tutti gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e Forze Armate, noi tuteliamo i primi difensori” scrive nella presentazione la presidente Simona Cenni, che in un post di commento alla sentenza della Cassazione del 21 giugno “grida” in maiuscolo il proprio disappunto – qui usiamo noi un eufemismo – per l’intervista di Patrizia Moretti, la madre del ragazzo ucciso nel settembre del 2005 a Ferrara: “Avete sentito la mamma di Aldrovandi… fermate questo scempio per dio… vuole che i 4 poliziotti vadano in carcere… io sono una bestiaaaaa”.“
Dal gruppo dei difensori delle forze dell’ordine, sia ben inteso, non rappresentano la totalità, anzi si tratta di una minoranza, ma pur sempre pericolosa, arrivano messaggi inquietanti e pieni di violenza, non solo per questa vicenda.
QUELLA NOTTE
Il 25 settembre 2005 Aldrovandi decise di tornare a casa a piedi dopo aver trascorso la serata al locale Link di Bologna. Durante la nottata il giovane assunse sostanze stupefacenti e alcol. Nei pressi di viale Ippodromo a Ferrara circolava, in quegli stessi minuti, la pattuglia “Alfa 3” con a bordo Enzo Pontani e Luca Pollastri.
Quest’ultimi descrivono l’Aldrovandi come un “invasato violento in evidente stato di agitazione“, sostengono di “essere stati aggrediti dallo stesso a colpi di karate e senza un motivo apparente” e chiedono per questo i rinforzi. Dopo poco tempo arriva in aiuto la volante “Alfa 2”, con a bordo Paolo Forlani e Monica Segatto. Lo scontro tra i quattro poliziotti e il giovane diventa molto violento (durante la collutazione due manganelli si spezzano) e porta quest’ultimo alla morte, sopraggiunta per “asfissia da posizione”, con il torace schiacciato sull’asfalto dalle ginocchia dei poliziotti.
Alle 6.04 la prima pattuglia richiedeva alla propria centrale operativa l’invio di un’ambulanza del 118, per un sopraggiunto malore. Secondo i tabulati dell’intervento, alle 6.10 arrivò la chiamata da parte del 113 a Ferrara Soccorso, che inviò sul posto un’ambulanza ed un’automedica, giunte sul posto rispettivamente alle 6.15 ed alle 6.18.
All’arrivo sul posto il personale del 118 trovava il paziente “riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena incosciente e non rispondeva”. L’intervento si concluse, dopo numerosi tentativi di rianimazione cardiopolmonare, con la constatazione sul posto della morte del giovane, per “arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale”.
LA SENTENZA
Il 21 giugno 2012 la Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo di Federico Aldrovandi ai 4 poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. In particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dei 4 agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d’Appello di Bologna.
I poliziotti non rischiano però il carcere visto che 3 anni sono coperti dall’indulto. Tuttavia, dopo la condanna definitiva, scatteranno i provvedimenti disciplinari.
Per Amnesty International si è trattato di “un lungo e tormentato percorso di ricerca della verità e della giustizia. Solidarietà e vicinanza ai familiari di Federico Aldrovandi, che in questi anni hanno dovuto fronteggiare assenza di collaborazione da parte delle istituzioni italiane e depistaggi dell’inchiesta“.
In Cassazione i famigliari di Federico Aldrovandi non si sono costituiti parte civile dopo aver raggiunto una transazione con il ministero dell’Interno e dopo aver ricevuto le scuse del capo della Polizia Antonio Manganelli che ha incontrato i genitori del giovane durante una visita privata.
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