“Il lavoro è un diritto che va guadagnato”. Sono queste le parole che stanno facendo inferocire i sindacati e parti del partito democratico a cui fanno compagnia tutte le formazioni di sinistra.
L’intervista la WSJ ha sollevato questo ennesimo polverone, mentre la quarta fiducia è stata votata alla Camera. Si, questa riforma del mondo del lavoro, ammette il ministro non è il massimo, ma è una buona riforma.
Il PDL vota per non andare alle elezioni, il PD vota perché deve fare il partito responsabile e il Terzo Polo che non conta più nulla non rompe gli equilibri, specie in vista di un’alleanza con il partito di Bersani. Lega e IDV contrari.
A chi non conviene questa riforma del lavoro? Non conviene a chi già lavora, si trova in situazioni limite (vedi esodati), ai dipendenti pubblici e privati.
A chi conviene? A tutti quelli che stanno entrando o devono entrare nel mondo del lavoro.
La filosofia del lavoro come diritto da conquistare, non è così diversa dalla realtà che ci circonda. Per un attimo escludiamo l’esistenza del ministro Elsa Fornero.
Mi rivolgo soprattutto ai giovani. Quando andate a fare un colloquio di lavoro, inviate curricula e girate aziende grazie a stage che vi pagate da soli, siete convinti di esercitare un diritto?
In un mercato del lavoro in continua frammentazione e polverizzazione delle risorse economiche e umane, le certezze di una volta non esistono più. E non esistono più perché l’ha detto Elsa Fornero, ma non esistono più da oltre 15 anni.
La legge italiana, come spesso accade, è rimasta all’epoca post guerra e per certi versi giolittiana. La legge è inadatta perché la realtà, anche in maniera legale, è cambiata. Una legge che ha riferimenti che non esistono più non può regolamentare, tutelare e disciplinare la materia del lavoro.
A questo punto mi chiedo, se Fornero avesse ragione?
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