“Mia figlia mi ha chiesto di poter aprire un profilo Facebook, ma ha 11 anni, lei cosa mi consiglia?”. Domanda a bruciapelo che non vorrei mai sentirmi porre sebbene abbia il fondato timore che prima o poi qualche mamma preoccupata mi chiederà un consiglio, come è successo a danah boyd durante un corso dedicato a Facebook per i genitori. Quante volte abbiamo visto figli, nipoti, cugini o amici aprire un profilo al di sotto dell’età richiesta? E soprattutto, ci siamo mai chiesti perché il limite dei 13 anni? L’età corrisponde a un passaggio importante, ovvero quello dalla preadolescenza all’adolescenza, e probabilmente è stato uno dei motivi per cui i formulatori del cosiddetto COPPA, il “Childrens’s Online Protection Privacy Act”, atto del Congresso statunitense che regola il comportamento dei siti commerciali negli Stati Uniti rivolti ai ragazzi con età al di sotto dei 13 anni, hanno posto questo limite. Tale atto non proibisce che ci si possa rivolgere anche a ragazzi con meno di 13 anni, ma chiede per farlo il consenso dei genitori. Per semplificazione, quindi, molte piattaforme preferiscono restringere l’età di adesione.
La notizia fresca di Ansa è che Mark Zuckerberg voglia aprire Facebook anche a ragazzi con età al di sotto dei 13 anni collegando il loro account a quello dei genitori e ottenendo quindi il consenso informato da parte degli stessi.
Diversi studi attestano che il limite di età imposto viene non troppo infrequentemente aggirato, spesso con l’ausilio dei genitori. Una panoramica della questione è ben riassunta nello studio condotto da danah boyd e altri ricercatori “Why parents help their children lie to Facebook about age: Unintened consequences of the “Children’s Online Protection Privacy Act”. Tradotto in italiano suonerebbe così “Perché in gentori aiutano i figli a mentire su Facebook riguardo all’età: conseguenze non intenzionali del “Childrens’s Online Protection Privacy Act”. In sostanza le buone intenzioni del COPPA portano involontariamente ad infrangere le regole e pure con l’aiuto dei genitori. Sconcertante direi. Proviamo ad approfondire la questione.
I dati riportati dicono che secondo il Pew Internet & American Life Project (dati 2010), il 78% dei quattordicenni, il 62% dei tredicenni e il 12% dei dodicenni ha un profilo sui social network. I dodicenni sono pochi ma certamente mentono sull’età per creare un profilo.
La ricerca Eu Kids online condotta in Europa, ha mostrato dati analoghi: il 31% dei decenni, il 44% degli undicenni e il 55% dei dodicenni ha dichiarato di avere un profilo su un social network. In Italia ha un profilo il 26% dei bambini di 9-10 anni e il 49% degli 11-12enni.
Mentire sull’età per poter accedere a un social network pone diversi dilemmi anche in relazione al referendum che si sta svolgendo in questi giorni. In primo luogo è una violazione delle policy della piattaforma, per cui l’età non è, al momento, un suggerimento ma un requisito e i termini di utilizzo chiariscono molto bene cosa Facebook si aspetta da propri utenti, sebbene non sia del tutto chiaro cosa gli utenti si debbano aspettare da Facebook. In secondo luogo occorre essere consapevoli dei rischi che inserire un’età non corretta può portare per un minore, come l’entrare in contatto con persone più grandi e l’esposizione dei dati personali nel tempo. Vi è però anche un altro aspetto da considerare, argomentano i ricercatori statunitensi, ovvero il desiderio del genitore di poter stabilire da sé, e senza che una policy aziendale lo stabilisca, quale sia l’età giusta per far aprire al proprio figlio un profilo.
Occorre anche far notare che uno studio del Pew Internet & American Life Project, “Privacy management on social media sites” mostra come i minori stiano nel tempo imparando a modificare le impostazioni sulla privacy dei profili e impostino il profilo come privato più degli adulti (il 62% degli adolescenti contro il 58% degli adulti). Sia lo studio Eu Kids Online che quello già citato di boyd concludono che l’imposizione dei limiti di età sia insufficiente poiché porta ad un rovesciamento dei risultati attesi e una non adeguata consapevolezza da parte di genitori e ragazzi della gestione dei dati e della privacy in rete.
Il suggerimento che gli studiosi danno, ma che è ancora tutto da elaborare nelle sue implicazioni attuative, è di passare da un modello di regolazione basato sull’età a un modello che sviluppi forme di protezione universali per la privacy degli utenti. Questo significherebbe pensare strategie di protezione della privacy ad hoc per fasce d’età e magari regole d’uso più chiare e di facile consultazione.
Personalmente mi rimane un dubbio che al momento non posso sanare. Oltre al desiderio di imitazione che può spingere un bambino o un ragazzo a voler aprire un profilo su Facebook e degli strumenti di interazione/collaborazione che esso può dare, quali altri motivi spingono un ragazzino ad aprirsi a Facebook?
Più chiara è la risposta alla domanda inversa, ovvero il perché Facebook si voglia avvicinare agli under 13: avere più dati, meglio profilati e persino aggregati per famiglia oltre che evitare la dispersione dei più giovani in social network che potrebbero essersi nel frattempo affacciati sul mercato nonostante al momento non ci siano evidenze dalla ricerca che i teenagers utilizzino meno Facebook, come riporta il Los Angeles Times. In ogni caso si tratta di una fonte di potenziale guadagno non indifferente, in termini di dati e di futuri servizi che potranno essere offerti.